Mentre l’India ha confermato qualche giorno fa di “aver allo studio” una proposta italiana per la soluzione della vicenda dei due fucilieri di marina di Salvatore Latorre e Massimiliano Girone, il premier italiano Matteo Renzi ha riportato oggi i riflettori sulla vicenda dei due militari accusati di aver ucciso due pescatori indiani nel febbraio del 2012 nel corso di un’operazione antipirateria.
Intervenendo a Rtl 102.5 ha sottolineato che sul caso marò il governo italiano “è impegnato” per trovare una “soluzione condivisa” con il governo indiano “il prima possibile”. Il presidente del Consiglio ha anche detto, però, che si tratta di un “incredibile pasticcio causato da una serie di errori grossolani”. Parliamo di figuraccia. “Dobbiamo portare tutti in Italia” definitivamente, ha sottolineato il presidente del Consiglio. “Se c’era da fare un processo sono passati quasi tre anni”, quindi “siamo al lavoro con il governo, in un clima di rispetto reciproco, ma chiediamo che si faccia rapidamente”.
E ha chiuso: sul caso marò “tutto quello che dobbiamo dire lo abbiamo già detto. Ora è il momento di non aprire la bocca”. Questa mattina Renzi era al Quirinale per un incontro con il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano proprio per fare il punto sugli ultimi sviluppi della vicenda.
E se il premier parla di “errori grossolani” è giunto il momento, dopo due anni, di ricordarceli.
Da subito nelle stanze dei bottoni del Ministero della Difesa si parlò di disastro diplomatico. Quasi tre anni fa, [url”proprio su Globalist”]http://www.globalist.ch/Secure/Detail_News_Display?ID=7953&typeb=0[/url], avevamo riportato per filo e per segno tutte le grossolane sviste che hanno portato a questa Caporetto, se così la si vuole chiamare.
Militari nelle navi civili. L’allora capo di Stato Maggiore della Marina, l’ammiraglio Branciforte, che in passato è stato il direttore del servizio segreto militare, il Sismi poi diventato Aise, ha fortemente voluto coinvolgere la Marina militare e la copertura giuridica è stata data dalla direttiva anti-pirateria approvata dalle Nazioni Unite. Così in Italia è stata approvata tramite un decreto legge (non segreto ma tenuto rigorosamente riservato) la presenza di Nuclei di Protezione Militare, pagati direttamente dagli armatori a prezzi stracciati rispetto al costo dei “contractors” privati.
Ma, sottolineava la Difesa, oltre all’aspetto più propriamente militare, i marò imbarcati nelle navi avevano fatto uno specifico corso di polizia? Era stata fornita loro la minima conoscenza giuridica delle norme a cui attenersi in caso di attacco o di crisi? La risposta è no. Mandati a bordo e basta. Un carabiniere, un poliziotto oltre a usare la pistola viene addestrato su come e quando usarla. Se arrestare o denunciare a piede libero. I marò sono stati imbarcati nelle navi senza un’adeguata preparazione di “polizia”. E le conseguenze di sono viste.
E ancora: i caveat, ossia le regole di ingaggio, erano chiare? Puntuali? Sparare in aria, sull’acqua, a bordo? Come determinare un attacco? A occhio? A sensazione? Buio. I militari non erano preparati adeguatamente da questo punto di vista. E non lo sono nemmeno i nuclei “riservati” che attualmente sono sulle altre navi.
La consegna agli indiani.Molte voci sono girate al momento dell’arresto dei due fucilieri: la Marina aveva detto di proseguire ma il comandante della nave è tornato egualmente indietro; gli indiani hanno attirato gli italiani con un tranello.
La prima è sicuramente falsa. Una nave civile italiana in acque internazionali è comunque sottoposta agli ordini della marina militare. Se dalla Marina militare arriva un ordine il comandante deve ubbidire, punto e basta. Tutti ricordano la telefonata De Falco – Schettino, quando De Falco ha esclamato: “Ora comando io, vada a bordo. E’ un ordine”.
Ecco se qualcuno dalla Marina in quei momenti concitati avesse detto al comandante “prosegua, cazzo”, quest’ultimo avrebbe dovuto obbedire. Altrimenti ora finirebbe nei guai. Il comandante della nave è sotto procedimento per ammutinamento? No. Quindi l’ordine di proseguire non deve essere mai arrivato. Del resto la Marina Militare, soprattutto se ci sono suoi uomini a bordo, non consiglia, ordina.
Quanto al “tranello” c’è da sperare che sia solo una storiella inventata per tacitare un’opinione pubblica che si vuol trasformare in anti-indiana, esattamente come in India si cavalca il sentimento anti-italiano. Se la catena di comando italiana, in una situazione di emergenza, fosse caduta nel tranello come non potrebbe nemmeno accadere all’ultimo degli sprovveduti, allora il governo dovrebbe rimuoverli tutti in massa. Militari sparano da una nave, c’è un “codice rosso” e si cade in una trappola? Cosa ha fatto in quelle ore il contrammiraglio Franco Favre, addetto militare dell’ambasciata e molto legato a Branciforte? Ci sono fonogrammi, registrazioni e documenti che potrebbero essere visionati dal Parlamento, nel caso si volesse far luce?
La vicenda giudiziaria. L’incidente è avvenuto in acque internazionali, e lo ha accertato anche la Corte Suprema indiana. Questo non impedisce all’India di rivendicare la titolarità del giudizio, sul fatto che le vittime sono connazionali su una imbarcazione indiana. Sappiamo che la Enrica Lexie era al di là delle 12 miglia delle acque territoriali, nella cosiddetta “zona contigua” dalle 12 alle 24 miglia. Nella zone di mare “contigua” lo Stato ha autorità solo in materia di dogane, immigrazione, sanità e fisco. Ma, rientrando in porto la Lexie ha comunque offerto i marò alla giustizia indiana. Secondo punto. La sparatoria mortale è partita veramente dalla Lexie? Le perizie balistiche danno certezze e sono state adeguate? Troppo punti di domanda, esattamente come troppe navi e navigli incerti intorno alla Lexie quella notte. Cercare la verità senza strumentalizzazioni.
[url”Altri colpevoli? Il nemico è la politica”]http://www.globalist.ch/Secure/Detail_News_Display?ID=42205&typeb=0[/url]. Per ora non è stata ancora emessa alcuna sentenza, quindi i due Marò per noi sono innocenti. In realtà, come avevamo scritto già l’anno scorso, è un dettaglio – a questo punto della vicenda – che siano stati davvero loro ad uccidere per errore i due pescatori indiani. Il loro vero nemico non sono gli indiani, ma la politica italiana. Che c’entra la politica? In questi anni il governo italiano è riuscito a riportare a casa solo uno dei due fucilieri: Massimiliano Latorre è tornato a Taranto lo scorso settembre per curarsi dopo una lieve ischemia che lo ha colpito in India. Salvatore Girone, anche lui pugliese, è ancora in India dopo più di dua anni. Quanti politici si sono lavati la bocca con questa faccenda giocando sempre a “scarica barile”, dando la colpa sempre a un altro partito, a un altro ministro, a un altro sottosegretario. Troppo facile, troppo comodo. Intanto sui due Marò pende ancora un’accusa gravissima e l’Italia è sull’orlo di una rottura dei rapporti diplomatici con l’India.
[url”La ricostruzione del ministro Terzi”]http://www.globalist.ch/Detail_News_Display?ID=42250&typeb=0&Terzi-imita-scajola-scelte-a-mia-insaputa[/url]. La ricostruzione di Giulio Terzi, ex ministro degli Esteri (forse uno dei più discussi), è iniziata dal 15 febbraio 2012, giorno in cui la nave su cui si trovavano i fucilieri, in rotta per Gibuti, fece ritorno indietro: “La Farnesina ha avuto la prima comunicazione tra le 4 e le 5 ore dopo la segnalazione all’armatore. La nave era già circondata da battelli, costretta ad attraccare. Quando l’ho saputo, ho suggerito di non farlo, ma senza alcun titolo, considerando la linea di comando sancita dall’accordo di Confitarma con la Difesa. Noi siamo stati un parafulmine”.
Terzi si è poi concentrato sulla decisione di far tornare i marò in India, una scelta giudicata dall’ex ministro sbagliata e ingiustificata: “L’inviato speciale del presidente del Consiglio, Staffan De Mistura, aveva valutato le assicurazioni indiane totalmente sicure, così da decidere per il rientro di Latorre e Girone. Io mi aspettavo che quelle condizioni fossero un elemento di trattativa da risolvere in 24 ore, invece De Mistura le ha reputate sufficienti”. Secondo Terzi, “avremmo dovuto negoziare altre condizioni, come l’avvio di una consultazione bilaterale”.
Nonostante le dimissioni comunque, Terzi ha ribadito due anni che avrebbe fatto “tutto il possibile per riportare i due marò a casa. E’ un pensiero fisso da quando mi alzo la mattina fino alla sera”. Il che è tutto da vedere.
[url”La pensione d’oro di Branciforte”]http://www.globalist.ch/Detail_News_Display?ID=8241&typeb=0&A-branciforte-la-pensione-d-oro-ai-maro-la-galera[/url]. Mentre i due fucilieri combattono ancora per la loro libertà, l’ammiraglio ex capo della Marina e degli 007 potrà godere dell’indennità a vita come ex direttore dei servizi segreti che si sommerà all’indennità a vita come ex comandante della Marina, che si sommerà alla pensione “normale”, se mai la parola normale si possa mai usare in questo contesto. Totale? Sembra oltre 30 mila euro al mese.
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