In nome dell’autonomia energetica, il governo britannico di Rishi Sunak ha recentemente autorizzato un centinaio di nuove licenze di esplorazione di gas e petrolio nel Mare del Nord. Questa decisione ha suscitato una dura reazione da parte delle organizzazioni ambientaliste, che considerano l’annuncio presentato con la scusa di lavorare a difesa del clima come un passo controverso.
Il premier ha assicurato che lo sfruttamento delle risorse fossili britanniche aiuterà il Paese nel cammino verso la carbon neutrality, fissato al 2050. Tuttavia, ha anche sottolineato che anche quando verrà raggiunto l’obiettivo delle zero emissioni nette, una parte significativa del fabbisogno energetico proverrà ancora da petrolio e gas.
Secondo Sunak, il Regno Unito raggiungerà i suoi obiettivi climatici in un “modo proporzionato e pragmatico”, senza costi aggiuntivi sulle bollette delle famiglie. Allo stesso tempo, le estrazioni nel Mare del Nord miglioreranno la sicurezza energetica e gli approvvigionamenti del Paese, garantendo l’indipendenza britannica da dittatori stranieri. Inoltre, queste risorse interne produrranno meno emissioni di CO2 rispetto al trasporto dall’altra parte del globo.
L’annuncio è arrivato in un momento di acceso dibattito all’interno della maggioranza conservatrice e dell’opposizione laburista sulle politiche green e il loro elevato costo per i cittadini britannici, alle prese con una forte inflazione. L’opposizione laburista, in vista delle elezioni legislative del 2024, ha dichiarato la sua intenzione di porre fine alla concessione di nuove licenze esplorative nel Mare del Nord.
Tuttavia, le politiche ‘green’ sembrano vacillare nel Regno Unito, soprattutto dopo la sconfitta a sorpresa del Labour in un’elezione locale nella zona ovest di Londra, forse guidata dalla rabbia dei cittadini per l’estensione di una tassa sui veicoli inquinanti a tutta Londra.
L’annuncio del governo ha suscitato gli attacchi delle organizzazioni ambientaliste. Greenpeace UK ha accusato il capo del governo di cercare di “polarizzare il dibattito sul clima e ottenere punti politici a buon mercato”. L’organizzazione ha anche smentito l’argomentazione dell’esecutivo, sostenendo che i combustibili fossili non sono nazionalizzati nel Regno Unito e saranno venduti al miglior offerente sui mercati internazionali.
Un’altra organizzazione ambientalista, Just Stop Oil, ha condannato duramente il nuovo piano del governo, definendo Sunak “peggio di un criminale di guerra”. L’organizzazione ritiene che questi nuovi progetti causeranno sofferenze e danni irreparabili e spingeranno il mondo verso punti di non ritorno irreversibili.
Il governo britannico, d’altro canto, sostiene che lo sfruttamento di petrolio e gas nel Mare del Nord contribuirà a mantenere più di 200.000 posti di lavoro. Le prime nuove licenze saranno rilasciate in autunno e il governo ha anche confermato l’inaugurazione dei primi due siti di cattura e stoccaggio di CO2 nel Mare del Nord, una tecnologia che potrebbe sostenere fino a 50.000 posti di lavoro, ma che secondo Greenpeace viene spesso utilizzata per il greenwashing dai giganti del petrolio.
Il Regno Unito ha emesso più di 330 milioni di tonnellate di CO2 nel 2022 e prevede di catturare e immagazzinare da 20 a 30 milioni di tonnellate di CO2 all’anno entro il 2030. Sebbene il 65% dei britannici affermi di essere preoccupato per le conseguenze del cambiamento climatico, la maggioranza si oppone alla maggior parte delle misure che richiederebbero uno sforzo personale, secondo un sondaggio YouGov di primavera.