Gli assassini del pianeta: il costo insostenibile della crisi climatica
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Gli assassini del pianeta: il costo insostenibile della crisi climatica

La quantità di fondi necessari a rispondere alla crisi climatica globale – tra siccità e inondazioni sempre più estreme e imprevedibili - è oggi superiore di 8 volte rispetto a 20 anni fa,

Gli assassini del pianeta: il costo insostenibile della crisi climatica
Cambiamenti climatici
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Umberto De Giovannangeli Modifica articolo

7 Giugno 2022 - 10.36


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C’è una guerra che sta devastando il pianeta. Una guerra che non può essere “sputtanata” in un talk show televisivo. Perché è una cosa troppo seria, maledettamente seria, per poter essere maneggiata da qualche pusillanime spacciato per esperto. 

Per capire la portata di una apocalisse globale è d’obbligo leggere l’ultimo Report di Oxfam.

Stanno assassinando il pianeta.

La quantità di fondi necessari a rispondere alla crisi climatica globale – tra siccità e inondazioni sempre più estreme e imprevedibili – è oggi superiore di 8 volte rispetto a 20 anni fa, tenendo conto dei soli appelli delle Nazioni Unite per la risposta umanitaria nelle diverse aree del mondo. I paesi donatori in media stanziano appena la metà di quanto necessario, mentre aumentano in modo esponenziale fame e profughi climatici.

È l’allarme lanciato oggi da Oxfam con un nuovo rapporto, in occasione dell’apertura della Conferenza sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite (Unfcc),  in programma a Bonn fino al 16 giugno, che precede la Cop27 di novembre in Egitto.

I dati evidenziano come sia cresciuto negli anni il bisogno di risorse che tardano ad arrivare: basti pensare che se nel biennio 2000-2002 servivano in media 1,6 miliardi per far fronte alla crisi climatica nei paesi più colpiti, tra 2019 e il 2021 la cifra è aumentata dell’819%, arrivando a 15,5 miliardi.

Allo stesso tempo i paesi più ricchi, responsabili della maggior parte delle emissioni di CO2, hanno stanziato dal 2017 appena il 54% dei fondi richiesti dalle Nazioni Unite, ossia 33 miliardi di dollari in meno di quanto necessario a salvare migliaia di vite.

Solo la punta dell’iceberg

Numeri paradossali e fuori controllo, ancor di più, se si considera che i fondi stimati negli appelli dell’Onu si concentrano solo sui bisogni umanitari più urgenti e rappresentano appena una piccola parte dei costi reali della crisi climatica.

Il costo dell’impatto di eventi meteorologici estremi nel solo 2021, ad esempio, è stato stimato in 329 miliardi di dollari a livello globale, il terzo dato più alto mai registrato e quasi il doppio di quanto stanziato per i paesi in via di sviluppo per lo stesso anno. 

Dal 2000, circa 3,9 miliardi di persone nei Paesi a basso e medio reddito sono state colpite da disastri climatici, ma gli appelli delle Nazioni Unite hanno previsto aiuti solo per circa 474 milioni di persone, ossia 1 persona su 8.

“L’attività umana è responsabile già oggi dell’aumento di 1,1°C delle temperature globali rispetto ai livelli pre-industriali. – rimarca Gabriela Bucher, direttrice esecutiva di Oxfam International – Un’emergenza che non farà che peggiorare se, stando alle attuali proiezioni, supereremo la soglia di sicurezza di 1,5°C di aumento delle temperature. I costi per l’intera umanità saranno enormi se non avremo la capacità di intervenire subito per ridurre i livelli di emissioni. Allo stesso tempo non possiamo ignorare le enormi perdite e i danni economici o non economici che significheranno perdita di vite umane, di terra e biodiversità, di case, scuole, posti di lavoro, culture locali e indigene.”

La mappa dei Paesi del mondo più colpiti e l’aumento della fame globale

Sono 11 i Paesi colpiti da almeno 10 eventi climatici estremi negli ultimi anni: Afghanistan, Burkina Faso, Burundi, Ciad, Repubblica Democratica del Congo, Haiti, Kenya, Niger, Somalia, Sud Sudan e Zimbabwe.

Una mappa che descrive un’emergenza umanitaria globale a cui è sempre più difficile rispondere, sia per la costante crescita della frequenza e intensità degli eventi meteorologici estremi dovuti ai cambiamenti climatici, sia per la mancanza dei finanziamenti necessari a mitigarli, sostenendo l’adattamento delle comunità più vulnerabili. Le conseguenze più dirette e immediate sono l’aumento vertiginoso dell’insicurezza alimentare e degli sfollamenti forzati di milioni di persone.

“Siamo di fronte ad un’emergenza senza precedenti che denunciamo da tempo – spiega Francesco Petrelli, policy advisor sulla sicurezza alimentare di Oxfam Italia – Molti dei paesi più colpiti dai cambiamenti climatici – già attraversati da guerre – subiscono le conseguenze dell’attuale aumento dei prezzi dei beni alimentari e della crisi economica dovuta alla pandemia da Covid 19, con un forte aumento di fame, povertà e flussi migratori. Le prime vittime sono le donne che rappresentano l’80% dei migranti climatici del mondo, secondo le stime delle Nazioni Unite”.

Quest’anno, ad esempio, la devastate siccità in Etiopia, Kenya e Somalia potrebbe causare la morte per fame di una persona ogni 48 secondi, secondo le stime di Oxfam.

L’1% più  ricco del pianeta inquina il doppio della metà più povera dell’umanità

A livello globale l’1% più ricco è stato responsabile tra il 1990 e il 2015 del doppio di emissioni di CO2 in atmosfera, rispetto alla metà più povera dell’umanità. I Paesi ricchi e industrializzati hanno contribuito per circa il 92% alle emissioni storiche in eccesso e impattano per il 37% sui livelli attuali; l’Africa ad oggi è responsabile solo per il 4% del totale; Kenya, Somalia, Sud Sudan ed Etiopia – dove oltre 24,4 milioni di persone stanno affrontando gravi livelli di fame e insicurezza alimentare – sono insieme responsabili solo dello 0,1% delle attuali emissioni globali.

I Paesi ricchi paghino il costo della crisi climatica: l’appello in vista della Cop27 in Egitto

“Aspettarsi che i Paesi poveri paghino da soli il conto di quest’emergenza è profondamente ingiusto – conclude Bucher – e l’aumento degli aiuti per quanto utile non è sufficiente. Il risarcimento del costo dei danni causati dalla crisi climatica dovrebbe essere proporzionale alle effettive responsabilità dei diversi Paesi. I Paesi ricchi e le grandi multinazionali devono pagare per ciò che stanno causando”.

All’ultima Cop 26 di Glasgow, le nazioni ricche hanno respinto le proposte dei Paesi in via di sviluppo che chiedevano una nuova modalità per affrontare perdite e costi causati dalla crisi climatica, rinviando il problema ad una negoziazione triennale in vista di accordi futuri.

Per questo Oxfam in occasione del summit in corso in Germania, lancia un appello urgente, affinché: i governi dei Paesi ricchi si impegnino allo stanziamento di finanziamenti bilaterali che facciano fronte ai danni causati dalla crisi climatica, in aggiunta agli impegni già assunti per gli aiuti su clima e sviluppo; tutti i governi si impegnino in occasione della prossima Cop27 a istituire un nuovo soggetto per il risarcimento di perdite e danni causati dai disastri climatici, e a finanziarlo annualmente sulla base delle proprie responsabilità e capacità economiche; tutti i Governi si impegnino a fare di questo strumento, un elemento centrale del Gender Action Plan dell’Unfccc.

 L’appello ai leader mondiali: cruciale affrontare insieme disuguaglianza e crisi climatica

“L’attuale livello di emissioni globali che ci tiene lontani dall’obiettivo di Parigi di mantenere l’aumento delle temperature a 1,5°C dipende in larga misura dai consumi dei paesi più ricchi del pianeta. – sottolinea a sua volta Tim Gore, autore del report e responsabile del Low Carbon and Circular Economy programme presso lo Ieep – Per colmare il divario di emissioni entro il 2030, è necessario che i governi prendano misure nei confronti dei principali e più facoltosi inquinatori: disuguaglianza e crisi climatica andrebbero affrontate insieme, dunque.  Servono misure efficaci e mirate per limitare le emissioni delle persone più ricche del pianeta, che derivano dall’uso di mega yacht, jet privati e viaggi spaziali; frenare gli investimenti ad alta intensità climatica come le partecipazioni nelle industrie dei combustibili fossili”.

“La nostra ricerca ci dice quanto sia importante garantire una distribuzione più equa di quel che rimane del budget globale di carbonio. – aggiunge Emily Ghosh dello Stockholm Environment Institute – Se non cambiamo rotta, rimarranno incolmabili le disuguaglianze di reddito e di emissioni tra la popolazione mondiale, in barba al principio di equità che è al centro dell’accordo di Parigi. Fissando gli obiettivi di riduzione delle emissioni, i governi devono porre al centro l’analisi della disuguaglianza di produzione di CO2”.

È essenziale che i leader mondiali si concentrino sui tagli più incisivi entro il 2030, secondo il principio della giusta quota, assicurando che le persone più ricche del mondo e all’interno dei paesi effettuino le riduzioni più radicali. I cittadini più ricchi hanno il potenziale per accelerare drasticamente questo processo, sia conducendo stili di vita più ecologici, sia indirizzando la loro influenza politica e i loro investimenti verso un’economia a basse emissioni di carbonio”.

Così Oxfam alla vigilia della Conferenza di Glasgow.

Un appello fatto cadere nel vuoto. Dagli assassini del pianeta.

Note di chiarezza

 I Paesi più colpiti da eventi climatici estremi (Afghanistan, Burkina Faso, Burundi, Repubblica Democratica del Congo, Haiti, Kenya, Niger, Somalia, Sud Sudan, Uganda, Ciad, Sudan e Zimbabwe) sono responsabili appena dell’1,4% delle emissioni globali di Co2 in atmosfera.

Secondo Aon, il costo economico totale di eventi meteorologici estremi nel 2021 è stimato in 329 miliardi di dollari a livello globale, l’anno peggiore dopo il 2017 e il 2005.   Dati recenti di Oxfam mostrano che l’1% più ricco dell’umanità è responsabile del doppio delle emissioni rispetto al 50% più povero e che entro il 2030 la loro impronta di carbonio sarà effettivamente 30 volte maggiore dei livelli necessari a contenere l’aumento delle temperature entro l’1,5°C, secondo quanto definito negli Accordi di Parigi sul clima. Le nazioni ricche hanno stanziato 178,9 miliardi di dollari in aiuto pubblico allo sviluppo nel 2021. Ciò equivale allo 0,33% del loro reddito nazionale lordo (RNL), ben al di sotto dell’obiettivo delle Nazioni Unite dello 0,7%.

Chiosa finale

La semplicità è un bene prezioso, quando non banalizza, non si fa imprigionare nella gabbia dei luoghi comuni, quando non cede al politically correct, magari colorato di verde. Il rapporto di Oxfam ha il merito di non parlare solo agli addetti ai lavori, ma di contribuire alla crescita di una cultura ambientalista all’altezza delle sfide dell’oggi. Di questi tempi, è tanta roba. 

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