E’ stato condannato a 20 mesi di carcere il capitano del cargo giapponese Mv Wakashio che, nel luglio del 2020, si incagliò nella barriera corallina nella costa sud orientale dell’isola di Mauritius. L’incidente causò la dispersione di circa quattromila tonnellate di petrolio, determinando il peggior disastro ambientale mai verificatosi nell’Oceano Indiano. Il giudice Ida Dookhy Rambarrun ha inflitto la stessa pena al primo ufficiale.
Era il 25 luglio 2020 quando la nave giapponese Mv Wakashio si è incagliata sulla barriera corallina per poi spezzarsi in due nei giorni seguenti. Le terribili conseguenze sul delicato equilibrio dell’ecosistema marino erano sotto gli occhi di tutti: quel paradiso terrestre si era ammantato di nero Una scia scura segnava l’acqua cristallina raggiungendo la riva. Persino l’Esa, dai suoi satelliti immortalava dallo Spazio il più grande disastro ambientale che si fosse mai registrato in quella porzione di mondo, dedicandogli un tweet. Ad un mese di distanza dagli sversamenti di petrolio in acqua gli ambientalisti denunciavano la morte di un branco di 17 delfini arenatosi sulla spiaggia.
Una sciagura inaccettabile per la popolazione autoctona, impegnata sin dai primi giorni nelle operazioni di contenimento del disastro. Tre marinai impegnati nella bonifica della marea nera persero la vita cappottandosi con il loro rimorchiatore.
Il capitano del cargo giapponese Mv Wakashio e il suo secondo erano stati arrestati dall’autorità locali dopo l’incidente, adesso dovranno scontare 20 mesi di carcere a testa.
Quello a largo di Mauritius è il danno ambientale peggiore mai causato dall’uomo nell’Oceano Indiano sud occidentale, ma non l’unico. Nell’agosto 2009 si è registrata una fuoriuscita di fosfati nel Madagascar meridionale e nel 2008 la morte di massa di delfini, spiaggiati a seguito dell’uso di onde sismiche usate per l’esplorazione petrolifera dalla Exxon Mobil, nel Madagascar nordoccidentale