Allarme del Wwf: l'orso polare verso l'estinzione
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Allarme del Wwf: l'orso polare verso l'estinzione

Entro il 2050 potremmo perdere i due terzi degli orsi polari.

Orso polare
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23 Marzo 2017 - 17.14


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Un dato allarmante che fa di questa specie il simbolo stesso degli effetti dei cambiamenti climatici perché a minacciarla è la progressiva riduzione della banchisa polare, dove vive l’orso polare. E proprio in questi giorni, il ghiaccio marino dell’Artico ha visto il livello minimo primaverile mai registrato in 38 anni di misurazioni satellitari. La sua estensione massima si è ridotta al ritmo del 3% ogni 10 anni.

Orso, ma non solo. Sempre in area polare, stavolta in Antartide, il 75% della popolazione dei pinguini di Adelia potrebbe scomparire se le temperature del globo cresceranno di due gradi, mentre secondo alcune stime pubblicate su Nature, rischiamo anche di perdere fino al 70% delle specie di passeriformi migratori in Australia e ai tropici a causa del cambiamento climatico.

Insomma, l’effetto-clima sulle specie animali e vegetali potrebbe causare una “Sesta estinzione di massa”, come denuncia il nuovo rapporto del Wwf (“Cambiamenti climatici e sesta estinzione di massa”). Ma al contrario delle prime cinque estinzioni già avvenute, questa non sarà frutto di fenomeni geologici naturali ma causata dall’uomo.

Nella mappa delle specie a rischio stilata dal Wwf, oltre a quelle già citate ci sono anche orche e leopardi delle nevi, stambecchi, anfibi, fringuelli alpini e persino l’abete bianco, il tipico albero di Natale delle regioni settentrionali, tutte specie che stanno soffrendo come non mai l’aumento della temperatura e gli altri effetti dei cambiamenti climatici. Non se la cava meglio il simbolo del Wwf, il panda, che pur se in lieve ripresa numerica è minacciato dal clima che cambia, in quanto dipende strettamente dalle foreste di bambù.

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In Italia, le specie simbolo del cambiamento climatico sono lo stambecco, l’ermellino, il fringuello alpino e la pernice bianca. La stagione vegetativa nelle aree montane dove vivono gli stambecchi è sempre più anticipata, cosicché i prati si sono impoveriti di proprietà nutritive e non offrono ai capretti il foraggio adatto alla loro nutrizione nel momento critico dello svezzamento. La loro sopravvivenza è scesa dal 50% negli anni ’80 al 25% di oggi.

Ad essere più colpiti dal climate change sono gli ambienti freddi, dai poli alle vette alpine e himalayane (dove è a rischio il leopardo delle nevi), ma la classe animale più colpita è quella degli anfibi, come l’ululone dal ventre giallo: a causa dei loro complessi cicli vitali che si svolgono tra terra e acque dolci, dove si fanno sentire siccità o regime delle precipitazioni, il 33% di queste specie è inserito nella lista rossa Iucn.

Nel ghepardo l’aumento della temperatura ha provocato una netta riduzione della fertilità maschile. La Red List, la ‘lista rossa’ delle specie minacciate di estinzione curata dall’Iucn (International Union for Conservation of Nature) indica che quasi la metà (il 47%) delle specie di mammiferi monitorate e quasi un quarto delle specie di uccelli (24.4%) subiscono l’impatto negativo dovuto ai cambiamenti climatici. In totale si tratta di circa 700 specie.

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Nel Mediterraneo si assiste ormai ad un vero e proprio processo di tropicalizzazione del bacino: con l’aumento delle temperature si assiste all’invasione inarrestabile di specie aliene (sia introdotte dall’uomo che in arrivo dal Mar Rosso attraverso il Canale di Suez). Nel Mediterraneo orientale, nelle acque libanesi e siriane, le specie non indigene hanno già superato il 50% in peso nella cattura della pesca e in Mediterraneo si contano ormai oltre mille specie aliene, di cui un centinaio sono ritenute pericolose per la biodiversità del bacino, l’economia o la salute.

C’è anche chi, però, trae un vantaggio da climi più caldi e dalla riduzione dei climi estremi invernali: alcune specie di zanzare, le meduse (in aumento anche nel Mediterraneo), i parassiti degli alberi (come alcuni coleotteri tra cui Dendroctonus ponderosae che vive alimentandosi sui pini nel Nord America o il punteruolo rosso, responsabile della moria di palme anche in Italia), insetti come la vespa cinese Dryocosmus kuriphilusresponsabile della malattia di molti castagni.

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In alcune situazioni i cambiamenti climatici sono il principale fattore di degrado e distruzione degli ecosistemi come ad esempio le barriere coralline : questi ambienti stanno morendo a causa del fenomeno del bleaching dovuto alla scomparsa delle zooxantelle, alghe unicellulari capaci di fotosintesi che forniscono anche il colore ai polipi dei coralli che non sopportano incrementi della temperature del mare oltre un certo limite e causando quindi la morte dei polipi che formano le formazioni coralline che stanno ormai scomparendo a ritmi accelerati.

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