Francesco il laburista: una Chiesa che aiuti a liberare il lavoro dall'ingiustizia sociale e restituisca la dignità
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Francesco il laburista: una Chiesa che aiuti a liberare il lavoro dall'ingiustizia sociale e restituisca la dignità

Bergoglio all'udienza del mercoledì , per parlare del lavoro e dei lavoratori nel mondo d’oggi

Francesco il laburista: una Chiesa che aiuti a liberare il lavoro dall'ingiustizia sociale e restituisca la dignità
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12 Gennaio 2022 - 18.33


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Come era normale nella società di quel tempo, Gesù apprese e praticò il mestiere di suo padre, il falegname. Dunque come suo padre era un lavoratore. 

E’ partito di qui Francesco, durante l’udienza del mercoledì, per parlare del lavoro e dei lavoratori nel mondo d’oggi, soprattutto di quelli di cui non si parla più, ma che ci sono ancora, “quelli che fanno lavori usuranti nelle miniere e in certe fabbriche;  che sono sfruttati con il lavoro in nero” . Il pensiero del papa così si allarga “ alle vittime del lavoro – abbiamo visto che in Italia ultimamente ce ne sono state parecchie -; ai bambini che sono costretti a lavorare e a quelli che frugano nelle discariche per cercare qualcosa di utile da barattare… Mi permetto di ripetere questo che ho detto: i lavoratori nascosti, i lavoratori che fanno lavori usuranti nelle miniere e in certe fabbriche: pensiamo a loro. A coloro che sono sfruttati con il lavoro in nero, a coloro che danno lo stipendio di contrabbando, di nascosto, senza la pensione, senza niente. E se non lavori, tu, non hai alcuna sicurezza. Il lavoro in nero oggi c’è, e tanto. Pensiamo alle vittime del lavoro, degli incidenti sul lavoro; ai bambini che sono costretti a lavorare: questo è terribile! I bambini nell’età del gioco devono giocare, invece sono costretti a lavorare come persone adulte” 

Questi pensieri ovviamente pesano, ma diventano ancora più pesanti se si uniscono a quelli che devono necessariamente seguire una volta che questi sono venuti: “penso anche a chi è senza lavoro: quanta gente va a bussare alle porte delle fabbriche, delle imprese: – c’è qualcosa da fare? – “No, non c’è, non c’è …”. 

Il lavoro dunque fa pensare anche ai disoccupati, a chi non ha neanche quel lavoro pesante, o usurante. Stiamo parlando di un mondo che vive alla giornata, senza poter conoscere la serenità e la dignità che deriva dall’averlo, un lavoro. “In questi tempi di pandemia tante persone hanno perso il lavoro – lo sappiamo – e alcuni, schiacciati da un peso insopportabile, sono arrivati al punto di togliersi la vita. Vorrei oggi ricordare ognuno di loro e le loro famiglie. Facciamo un istante di silenzio ricordando quegli uomini, quelle donne disperati perché non trovano lavoro”. 

Se la disoccupazione è un male, l’occupazione non è separabile dalla giustizia sociale: “Purtroppo però il lavoro è spesso ostaggio dell’ingiustizia sociale e, più che essere un mezzo di umanizzazione, diventa una periferia esistenziale. Tante volte mi domando: con che spirito noi facciamo il nostro lavoro quotidiano? Come affrontiamo la fatica? Vediamo la nostra attività legata solo al nostro destino oppure anche al destino degli altri? Infatti, il lavoro è un modo di esprimere la nostra personalità, che è per sua natura relazionale. Il lavoro è anche un modo per esprimere la nostra creatività: ognuno fa il lavoro a suo modo, con il proprio stile; lo stesso lavoro ma con stile diverso”. 

Il punto di arrivo è chiaro: “Dobbiamo oggi domandarci che cosa possiamo fare per recuperare il valore del lavoro; e quale contributo, come Chiesa, possiamo dare affinché esso sia riscattato dalla logica del mero profitto e possa essere vissuto come diritto e dovere fondamentale della persona, che esprime e incrementa la sua dignità”. 

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