di Alessia de Antoniis
Anche Giovanni Veronesi tra gli ospiti di Cortinametraggio. La sua presenza a Cortina è un evento speciale, un’occasione per ripercorrere la sua carriera, dai primi successi come sceneggiatore per Francesco Nuti, fino alla regia di cult come Che ne sarà di noi e la trilogia di Manuale d’amore. Un regista che ha avuto modo di lavorare con molti produttori. Tra questi Vittorio Cecchi Gori.
Ah, Cecchi Gori! Era un personaggio incredibile – racconta Veronesi – Era un produttore cinematografico molto basico, una persona diretta e senza fronzoli. Se diceva che c’era il sole, significava che c’era il sole, senza interpretazioni. Era anche molto ricco e amava le cose belle, come le barche e lo champagne. Ma era anche una persona che diceva sempre la verità, anche quando era scomoda. Mi ricordo una volta a Cannes, sulla sua barca super lusso, vestito tutto di lino, con un flûte di champagne in mano. Ma la cosa più divertente è stata quando ha sbattuto il piede contro uno di quei pippolini di ferro che mettono sulle barche, sai, quelli inutili che servono solo a farti male. Non si è nemmeno toccato il piede, niente. Dopo un po’ era gonfio come quello di Shrek! E sua moglie, Rita, lo guarda e gli dice: “Sembri un feto enorme”. Geniale!
Com’era quando andava da Cecchi Gori per convincerlo a finanziare un film?
Era una missione! Lui diceva: “Vediamo se mamma Valeria ride”. Mamma Valeria era la sua, di mamma, sempre incazzata nera. Una volta l’unica parola che le hanno sentito dire fu un “Porco Dio!” quando Batistuta sbagliò un rigore con la Fiorentina. E io dovevo raccontare la trama davanti a lei, mentre Cecchi Gori dopo un minuto e mezzo si addormentava. Se lei rideva, il film si faceva. Una pressione assurda! Lui la rispettava e la temeva allo stesso tempo. Lei era una donna forte e indipendente, che non aveva paura di dire quello che pensava. Cecchi Gori, pur essendo un uomo potente, si fidava del suo giudizio.
Qual è il rapporto più difficile che un regista deve gestire?
Quello con il produttore. Convincerlo, soddisfarlo e ottenere i finanziamenti necessari è una sfida enorme. Un film costa milioni, e trovare chi investe è fondamentale. Nonostante le difficoltà, io sono grato ai produttori come Cecchi Gori e De Laurentiis, che mi hanno permesso di realizzare i miei progetti.
Come descriverebbe il rapporto con i produttori come Cecchi Gori?
Era un rapporto complesso, ma alla fine positivo. Nonostante le loro eccentricità, produttori come Cecchi Gori e De Laurentiis mi hanno dato la libertà di esprimermi. Ho guadagnato bene, e mi hanno permesso di fare il cinema che volevo. Certo, c’erano compromessi, ma non mi sono mai sentito ‘violentato’ dalle loro decisioni. Sono grato per aver avuto l’opportunità di lavorare con loro.”
Qual è la differenza tra i produttori di una volta e le piattaforme di oggi?
Oggi, con le piattaforme, manca il rapporto umano. Invece di un referente, c’è un algoritmo che decide cosa funziona e cosa no. È un sistema umiliante, che non tiene conto della creatività e dell’arte. Preferisco di gran lunga lavorare con produttori ‘umani’, come quelli della Fandango o della Indiana, dove c’è un vero dialogo.
Il film più assurdo della tua carriera?
Si chiama Silenzio si nasce. La storia ruota attorno a due feti, interpretati da Paolo Rossi e Castellitto, che nel grembo materno sentono le voci dei loro genitori e, trovandoli insopportabili, decidono di non nascere. Abbiamo ricostruito un ventre materno in studio, un ambiente magico che si rimpiccioliva man mano che i feti crescevano. Nonostante il film sia stato un flop commerciale, l’esperienza di lavorare a un progetto così folle e creativo è stata meravigliosa. Immagino che oggi sarebbe difficile convincere qualcuno a produrre un film del genere.
Un attore che l’ha fatta impazzire sul set?
Una volta un attore famosissimo doveva solo scendere dalla macchina, attraversare la strada, prendere le chiavi dalla tasca e entrare in casa. Semplicissimo, no? Macché! È entrato in crisi, ha iniziato a complicarsi la vita, a camminare in modo strano… Alla fine gli ho dovuto re-insegnare a camminare! Mi sono reso conto che gli attori hanno questo talento per incasinarsi la vita da soli.
Un attore internazionale con cui ha lavorato e che ricorda in modo particolare?
De Niro: è incredibile. Una volta era a casa mia, bello alticcio dopo qualche vodka martini. Colgo l’occasione e gli chiedo come ha fatto a ingrassare 26 kg per “Toro Scatenato”. Mi aspettavo chissà quale risposta sull’Actor’s Studio… E invece mi guarda e dice: “Se non lo facevo io, lo faceva Al Pacino”. Capisci? Anche loro sono competitivi come tutti!
De Niro mi ha insegnato che la recitazione è nell’azione più semplice e quotidiana. Mi ha raccontato di una lezione all’Actor’s Studio, dove, alla domanda di un ragazzo su cosa fosse la recitazione, ha semplicemente chiesto una sigaretta e l’ha accesa. Il suo punto era che se l’azione sembra naturale, allora è una buona recitazione.
La differenza tra un “bravo attore” e un “attore cane”?
Un bravo attore è malleabile, può essere guidato e migliorato dal regista. Un ‘attore cane, invece, è limitato e non cresce, indipendentemente dagli sforzi del regista. Un bravo attore, con la giusta guida, può raggiungere il massimo del suo potenziale.
E scegliere l’attore sbagliato può rovinare una scena e persino l’intero film. Una volta scelto un attore, soprattutto per ruoli minori, è difficile rimediare. Il doppiaggio può essere una soluzione, ma spesso non è soddisfacente. La scena con l’attore ‘cane’ rimarrà per sempre nel film, un errore indelebile.
Siamo a Cortinametraggio. Cos’è oggi un cortometraggio?
Èun’opportunità incredibile. Ai miei tempi, girare un corto in pellicola sarebbe costato una fortuna. Non c’erano festival per i corti. Oggi, con le tecnologie digitali, chiunque può girare un corto e partecipare a festival come questo. È un’occasione per dimostrare il proprio talento.”
Una scena con una genesi particolare?
Una notte ho sognato una scena erotica con Monica Bellucci. Il giorno dopo la chiamo e le dico: “Monica, ho fatto un sogno incredibile, lo dobbiamo mettere in un film”. Lei accetta, ed è diventata una scena di “Manuale d’Amore”. Peccato che a girarla non ero io, ma Riccardo Scamarcio! La scena è stata girata di notte, e ho dovuto gestire un centinaio di persone sul set. Monica mi aveva chiesto di mandare via tutti tranne gli indispensabili, e ho cercato di accontentarla, ma alcuni membri della troupe sono tornati di nascosto per guardare. Monica, da professionista, ha continuato a girare la scena nonostante la situazione, dimostrando grande intelligenza.
La paura che questo finisca resta anche dopo tanti anni di successi?
Sempre! Ogni mattina mi sveglio e penso: “Speriamo che non se ne siano accorti e che non me lo tolgano”. Questo mestiere è una giostra continua, fatta di picchi incredibili e momenti di panico totale. Ma è anche un mestiere che ti permette di esorcizzare tutto, proprio come una seduta dallo psicologo, solo che invece di pagare, ti pagano!
A Cortinametraggio ci sono tanti giovani registi in gara. Cosa consiglierebbe ai giovani che vogliono fare questo lavoro?
Di buttarsi senza paura. Devi credere nel tuo mondo, come quando guardi un film Disney e credi che un topo possa parlare. Se non ci credi, non funziona. E poi, mai prendere un attore cane! Se prendi un attore cane, rimane cane per sempre, e tu te lo tieni nel film per l’eternità!
Argomenti: Cinema