Massimo Reale porta in scena il lato oscuro del Palio di Siena

Massimo Reale, da "Rocco Schiavone 6" al teatro Lo Spazio di Roma con un monologo intenso e brutale: "L'uomo sottile" di Sergio Pierattini

Massimo Reale - L'uomo sottile - recensione di Alessia de Antoniis
Massimo Reale - "L'uomo sottile" di Sergio Pierattini
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15 Marzo 2025 - 11.02


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di Alessia de Antoniis

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Al Teatro Lo Spazio di Roma, Massimo Reale – in tv nei panni dell’anatomopatologo Alberto Fumagalli, per la serie di Rai 2 “Rocco Schiavone 6” – ha interpretato il ruolo del fantino del Palio di Siena ne L’uomo sottile di Sergio Pierattini. La supervisione artistica è di Manuela Mandracchia. Lo spettacolo replicherà al Teatro Sannazaro di Napoli il 25 e 26 marzo 2025.

Un prologo letto da Giovanni Mazzini sul Palio di Siena. Delle immagini di un vecchio palio proiettate sul fondale. Ascolti comodamente. Poi un corpo seminudo si getta sul palco. Mani e piedi legati. Maglietta sporca di sangue. L’atmosfera si fa claustrofobica. L’uomo è prigioniero, in stato di isolamento. Uno spazio chiuso delimitato dalle videoproiezioni di Susanna Proietti e dal disegno luci di Valeriano Solfiti. Non sa chi lo abbia trascinato lì né perché.

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Reale parla in modo crudo, impulsivo, riflessivo. Un flusso di coscienza. Un linguaggio diretto, sporco, aggressivo. Alterna minacce, suppliche, ricordi e rabbia, in un evidente stato mentale instabile. Un monologo che alterna momenti di delirio, confessione e supplica. Ne emerge un uomo ambiguo, che cerca di mantenere il controllo ma si lascia sfuggire dettagli che rivelano la sua fragilità e il suo passato violento. La sua prigionia non è solo fisica, ma anche mentale, fatta di ricordi, sensi di colpa e deliri di onnipotenza.

Non c’è una narrazione esterna, nessun antefatto. La pièce è una finestra che si spalanca e, dopo un’ora, si richiude. Un’ora dedicata alla sua ambizione, alla sua spregiudicatezza e al suo senso di appartenenza alla città di Siena. Ma anche ai giochi di potere e di corruzione che regolano la città. Alla vita di un uomo che è sia vittima che carnefice, in un mondo in cui la sopraffazione è la norma. Un mondo incomprensibile a chi non ha quelle radici. A chi conosce Aceto o la contrada dell’Istrice, ma che mai capirà un rito dal sapore primordiale che scorre nelle vene dei senesi insieme al loro sangue. Tuttavia, è la recitazione intensamente fisica di Reale, che si dona senza riserve, a conferirgli una dimensione autentica e coinvolgente.

Il ritmo è incalzante, frastagliato, con pause e ripetizioni che riflettono il progressivo crollo psicologico del personaggio. Non c’è via di fuga, né per lui né per noi, che restiamo intrappolati nel suo vortice di parole.

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Pierattini trascina il lettore in un turbinio di pensieri e disperazione, dando vita a un testo teatrale potente, costruito interamente attorno al monologo di un uomo rinchiuso in una cantina, ferito e abbandonato, con la sola compagnia della sua voce e dei suoi fantasmi. Un monologo intenso, feroce e claustrofobico, che racconta la caduta di un uomo, seppur con alcuni passaggi che potrebbero essere più sintetici senza perdere efficacia. Il linguaggio frammentato conferisce un forte realismo, immergendo lo spettatore nella mente tormentata del protagonista, ma la narrazione caotica, per quanto coerente con il suo stato d’animo scosso, può rendere difficile seguire il filo del discorso.

L’uomo sottile è un testo potente e drammatico, ipnotico e disturbante, con una grande forza espressiva e un protagonista ben caratterizzato. La tensione e il ritmo serrato sono i suoi punti di forza, mentre la ripetitività e la difficoltà nel seguire le dinamiche possono rappresentare un ostacolo.

Se l’obiettivo era quello di raccontare il Palio di Siena come metafora della corruzione, della violenza del potere, della sopraffazione e dell’inganno come modus operandi per affermarsi socialmente, del tradimento e della paura ampiamente diffusi nella società, non è pienamente riuscito. Si resta chiusi in quel mondo, come “il boia” nella cantina.

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