Così, senza un apparente motivo, quando nessuno se lo aspettava: Pasolini ha amato anche una donna durante la sua vita. A gettare nuova luce sulla biografia dell’intellettuale è il libro “Pier Paolo Pasolini. Lettere a Maria Seccardi” (Ronzani Editore), a cura di Antonella Giordano e con una prefazione di Franco Zabagli, che raccoglie quindici lettere e un telegramma scritti dal poeta, scrittore, regista e sceneggiatore nativo di Bologna a Maria Seccardi, la donna che ha amato tra il 1948 e il 1959.
Tra Pasolini e la Seccardi vi era un legame intenso e appassionato, rimasto nascosto per decenni, emerso adesso per volontà del Centro Studi Pasolini di Casarsa (Pordenone), che avuto un ruolo attivo e propositivo nella realizzazione di questo progetto, promuovendo la pubblicazione del volume attraverso un percorso fatto di molteplici incontri e approfondimenti.
Lo scambio epistolare ha avuto una vicenda editoriale travagliata. Nel lontano 1986 Nico Naldini, cugino di Pasolini, curò il primo volume delle “Lettere” ma Maria Seccardi non acconsentì a renderle pubbliche. Soltanto dopo la sua scomparsa, avvenuta nel marzo 2022, la figlia Valentina ha deciso di rispettare la volontà materna e di affidare il materiale al Centro Studi Pasolini, consentendone la pubblicazione.
“Un atto di intesa sentimentale tra Maria e Pasolini che oggi si trasforma in un’opera di grande valore documentario”, spiega il Centro Pasolini, entusiasta di essere riuscito a pubblicare questo testo.
Tuttavia, come sottolinea lo studioso delle carte pasoliniane Franco Zabagli nella prefazione del libro, questo carteggio aggiunge un tassello fondamentale alla complessa personalità di Pasolini, raccontando un intreccio di affetti che attraversa gli anni giovanili in Friuli fino alla sua affermazione nel cinema con “Accattone“.
L’incontro fra Pasolini e Maria Seccardi avvenne nei giorni di festa, nel corso dei balli narrati in “Il sogno di una cosa“. Entrando nello specifico, Pasolini e la sua amata passeggiavano insieme, andavano in bicicletta, parlavano per ore, lui le regalava libri, lei era incantata e leggeva tutto.
La loro relazione proseguì anche dopo il clamore suscitato dai cosiddetti “fatti di Ramuscello“, accaduti nell’agosto del 1949 alla sagra di Santa Sabina, quando Pasolini pagò tre minori per dei rapporti di masturbazione, fu denunciato per corruzione di minori e atti osceni in luogo pubblico, scoppiò lo scandalo e – prima ancora del processo e la condanna – Pasolini abbandonò l’insegnamento, fu espulso dal Pci per “indegnità morale” e nel gennaio 1950 partì con la mamma per Roma.
Ad un certo punto la loro relazione si trasformò in un dialogo scritto in cui Maria, pur scegliendo una vita apparentemente distante da quel legame, diventando nel frattempo maestra, ne conservò il ricordo come una ferita silenziosa e profonda. Nonostante la distanza e gli eventi che segnarono la sua vita, Pasolini mantenne con Maria una corrispondenza intensa fino alla fine degli anni Cinquanta.
Il rapporto fra Maria e Pier Paolo è puro e tormentato, con lui che si mostra affettuoso e si spende in confidenze intime. Il carteggio racconta della fuga dal Friuli verso la Capitale, della “gente che mi circondava, nemica sia a destra che a sinistra”, della vita intensa a Roma (“Un’ora a Roma corrisponde a dodici ore friulane” disse una volta Pasolini), dell’assenza di nostalgia per il Friuli che rappresentava, citando le sue parole, “tutto il finito, il morto della mia esistenza”.
Pasolini parla dei suoi progetti letterari, dei libri che stava scrivendo e arriva a dirle che “tu sei stata tanto più poeta di me”. Il carteggio ha il suo culmine drammatico nella lettera del 30 ottobre 1957 in cui Pasolini confessa a Maria la sua diversità.
“Io non so come tu abbia fatto e faccia a non sentire o in qualche modo capire che a me è fisicamente impossibile avere rapporto con una donna: Nico te l’avrà spiegato più volte, e penso che tu abbia letto Freud”, inizia così la lettera.
“È un trauma infantile invincibile. Come vedi, dopo tanto tergiversare sono anche troppo brutalmente semplice. Il mio eros è tutto invertito verso i ragazzi: poiché il sesso femminile, nel mio inconscio, che è un caos, è semplicemente il sesso di mia madre, che io ho amato e amo pazzamente, in modo tale da determinarne tutta la vita, da dare alla vita un unico senso. E non si può avere rapporto carnale con la propria madre. Per tutta la vita ho sentito il rapporto carnale con la donna come uno sconvolgente sacrilegio, una ripugnante impossibilità”, prosegue l’autore.
Da allora in poi le lettere cambiarono tono, diventando più formali, fino a un telegramma di una sola riga (“Niente più Venezia. Affettuosi saluti. Pier Paolo”) scritto il 29 settembre del 1959 per annullare un appuntamento.
Insomma, nuove scoperte sulla vita sentimentale di Pasolini sono state fatte ma, nonostante sia stato protagonista di una vita fatta di eccessi e di controversie, è e resterà per l’eternità uno dei migliori intellettuali del ‘900.