Febbraio ’77 , Luciano Lama fu contestato alla Sapienza: la ricostruzione dei movimenti studenteschi in Italia
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Febbraio ’77 , Luciano Lama fu contestato alla Sapienza: la ricostruzione dei movimenti studenteschi in Italia

Una panoramica che va dai cambiamenti epocali delle controculture sessantottine ai movimenti attuali ProPal, passando per la creatività della Pantera di inizio ’90, l’Onda contro la riforma Gelmini, l’Occupy Movement e il Friday For Future

Febbraio ’77 , Luciano Lama fu contestato alla Sapienza: la ricostruzione dei movimenti studenteschi in Italia
La contestazione a Luciano Lama il 17 febbraio 1977
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20 Febbraio 2025 - 21.11 Culture


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di Marcello Cecconi

Era febbraio del 1977, esattamente il 17, quando Luciano Lama fu contestato e preso a sassate all’interno dell’Università la Sapienza di Roma. Il sindacalista della Cgil aveva messo in gioco tutta la sua autorevolezza istituzionale scegliendo di andare a parlare agli studenti del “Movimento del Settantasette”. Questo movimento, vocato al contropotere che comprendeva precari ed emarginati e che non si sentiva rappresentato da partiti e sindacati della sinistra parlamentare che portavano avanti la strategia del Compromesso Storico, era in lotta da qualche settimana. Nel mirino degli studenti la circolare del ministro democristiano Malfatti che tendeva ad annullare le liberalizzazioni del ’68.

Così, in un clima reso ancor più rovente dall’avvenuto attacco squadrista del 1° febbraio all’assemblea del Movimento, da parte degli aderenti al Fuan, l’organizzazione studentesca del Msi, Luciano Lama fu costretto a interrompere il comizio e lasciare l’università in tutta fretta sotto una fitta sassaiola. Racconterà di quel giorno Alberto Asor Rosa: “Al principio mi sembrava prevalesse un’intenzione canzonatoria, tra gli slogan degli Uccelli e i canti degli indiani metropolitani sulla melodia di Guantanamera. Ma poi il rumore di fondo si trasformò in boato (…) Per me fu un trauma. Assistetti a una scena inimmaginabile: il più grande leader sindacale e una rappresentanza della classe operaia presi a sassate da studenti ed emarginati”.

Il Movimento del Settantasette rappresenta il culmine della radicalizzazione della lotta studentesca in un decennio in cui la passione dei grandi movimenti studenteschi e operai del Sessantotto si stava affievolendo lasciando spazi alle frange ancora più estreme degli opposti estremismi.

Le proteste studentesche hanno segnato in profondità la storia dell’Italia contemporanea, diventando il termometro delle trasformazioni sociali e politiche del paese. Dalla contestazione del Sessantotto fino alle manifestazioni più recenti, gli studenti hanno spesso rappresentato l’avanguardia del dissenso, esprimendo il malcontento verso il sistema scolastico, universitario e le politiche governative più ampie.

Facciamo qui una carrellata di queste proteste a partire proprio dalla più importante:

Il Sessantotto e la contestazione globale

Il Sessantotto si può capire solo considerando il contesto. La Seconda guerra mondiale era finita e le rovine stavano scomparendo velocemente sotto una significativa crescita economica e, in molti Paesi, anche con profondi cambiamenti socioculturali. La società dei consumi iniziava a farsi strada e in questo contesto la popolazione giovanile cominciò ad allontanarsi dagli adulti, che stentavano ad accettare cambiamenti, avanzando rivendicazioni “specifiche” e differenti da quelle del resto della popolazione. Nascevano nelle nuove generazioni varie “controculture” come quella beat e quella degli hippy che esprimevano idee egualitarie e pacifiste. Nei Campus americani, accanto alle contestazioni relative ai programmi didattici, molte delle manifestazioni nascevano per protestare contro la guerra in Vietnam, il vero catalizzatore della rivolta giovanile occidentale.

Anche per l’Italia il ’68 ha rappresentato l’inizio di una nuova stagione di lotte che coinvolse le scuole, le università e altri settori della società. Nelle scuole superiori, gli studenti si batterono per la fine dell’autoritarismo e l’evoluzione dei costumi e grazie alle loro proteste, negli anni ’70, furono introdotte le assemblee di classe e di istituto. Uno degli ispiratori del movimento fu Don Lorenzo Milani che propose un modello di istruzione attento alle esigenze delle fasce più deboli della società. Il vero fulcro delle proteste era però nelle università. Iniziato nel 1967 con occupazioni e rapidi sgomberi in diversi atenei, il momento focale fu il maggio dell’anno dopo con l’occupazione della Sapienza a cui seguì uno scontro senza precedenti tra studenti e forze dell’ordine con centinaia di feriti e numerosi arresti. La ricordiamo come la cosiddetta battaglia di Valle Giulia, quella criticata anche da Pier Paolo Pasolini che parteggio per i poliziotti “figli di poveri”.

Il movimento studentesco, che si espanse anche in altre città, si opponeva a un’università elitaria e autoritaria, chiedendo una didattica più democratica e accessibile e il diritto a partecipare, mediante i propri rappresentanti, alla gestione degli atenei. Alla contestazione studentesca si associarono le proteste operaie, che ebbero il loro culmine nell’autunno del 1969, noto come autunno caldo. Dopo il Sessantotto, il movimento studentesco si frammentò in diverse correnti, alcune delle quali sfociarono nella lotta armata. Tuttavia, la maggioranza degli studenti proseguì con la protesta politica attraverso collettivi autonomi e nuove forme di autogestione. La repressione statale si fece più dura, culminando in scontri violenti come quelli di Bologna nel 1977, in cui venne ucciso lo studente Francesco Lorusso.

Dopo la radicalizzazione degli anni ’70, gli anni ’80 furono segnati da un riflusso della partecipazione studentesca. Tuttavia, verso la fine del decennio, nuove mobilitazioni emersero contro la riforma Ruberti, che mirava a introdurre principi di aziendalizzazione nelle università. Queste proteste furono un preludio alle grandi manifestazioni degli anni successivi.

Il ‘Movimento della Pantera, creatività al potere

Partito da Palermo a dicembre 1989, il “Movimento della Pantera” esplose alla Sapienza di Roma nel gennaio successivo. L’ondata si estese in molti atenei e le occupazioni avevano nel mirino la riforma del sistema universitario voluta dal ministro socialista Ruberti che prevedeva il finanziamento privato delle ricerche e l’ingresso delle aziende nei consigli di amministrazione degli Atenei. Il movimento si dichiarò apartitico, democratico, non-violento ed antifascista.

Il carattere creativo del movimento si manifestò pienamente quando prenderà il nome da un evento di cronaca avvenuto a Roma il 27 dicembre 1989. Quella notte ci fu l’avvistamento di una pantera in Via Nomentana con la conseguente lunga, quanto vana, caccia al pericoloso animale che però non fu mai rintracciato. Da questo evento nacque l’ispirazione per due pubblicitari che inventarono lo slogan «La Pantera siamo noi» e la inviarono per fax agli studenti ribelli della Sapienza che aggiungendo l’effige della pantera simbolo del Black Panthers Party statunitense formarono il logo del movimento. Lasciò un segno nella storia delle lotte studentesche per la creatività e il grande senso di coinvolgimento senza, tuttavia, ottenere obiettivi politici.

Movimento l’Onda Anomala e quelli del “Tetto della Sapienza” contro la riforma Gelmini

Nel 2008, con il governo Berlusconi IV, la riforma Gelmini innescò una vasta ondata di proteste studentesche conosciuta come “l’Onda”. Nato a seguito del “Decreto Brunetta”, primo atto della successiva riforma Gelmini, quel movimento studentesco, ha avuto la forza di imporsi al grido di “noi la crisi non la paghiamo”, dando con forza una risposta, già dai primi sviluppi in Italia, della crisi economica sviluppatasi prima negli Stati Uniti e poi in tutta Europa. La simbologia era quella dei “Book Block”, partorita e usata in tutti i cortei dell’Onda: scudi di cartone a forma di libro, metafora del concetto di difesa intellettuale e difesa fisica durante i cortei, dove spesso avvennero violenti scontri con le forze dell’ordine. Questa mobilitazione ebbe un forte impatto mediatico e politico ma la riforma Gelmini iniziò ugualmente ad attuarsi.

Le proteste del mondo studentesco contro la riforma Gelmini si erano attenuate ma mai fermate tanto che l’anno successivo ci fu un rigurgito con un tipo di manifestazione particolare. La voce di protesta che saliva nel paese da parte dei precari della scuola arrivava all’Università e molti studenti salirono sul tetto della Sapienza avendo per bersaglio i tagli dei fondi della riformai: “I nostri destini non fanno rima con Gelmini: solidarietà con i/le precari/e della scuola”, c’era scritto in uno dei cartelloni issati dagli studenti e precari in quel punto panoramico della Capitale, sfidando pioggia, neve e freddo.

La protesta si espanse in altre università italiane e si ripeté l’anno successivo quando i rappresentanti della neonata Rete 29 Aprile, organizzò una contestazione pacifica e colorata durata oltre un mese ancora sul tetto della facoltà di Architettura della Sapienza dove si erano “asserragliati” per 35 giorni studenti e ricercatori. Molte persone del mondo della cultura, dello spettacolo e della politica li avevano raggiunti in segno di solidarietà lanciando appelli  sulle ritenute conseguenze dannose della legge Gelmini, anche attraverso lunghe e dettagliate “lezioni” trasmesse su Youtube direttamente dal tetto. Eravamo a fine anno 2010 quanto scesero dal tetto, ma la riforma Gelmini si compì con la promulgazione della legge in Gazzetta ufficiale il 14 gennaio 2011.

Occupy Movement, contro la disuguaglianza sociale ed economica

Un movimento che nato a New York a settembre 2011 come Occupy Wall Street, il quartiere finanziario, per protestare contro la disuguaglianza economica e sociale diventava globale. Ci si scagliava contro Il neoliberismo che considerava condizione naturale e inaffondabile il sistema economico-finanziario. Si puntava sugli esseri umani che possono modificare il corso della storia e cambiare le loro esistenze come singoli e come collettività semplicemente rendendosi conto di essere tutti nelle medesime condizioni. Il 15 ottobre ci sarà una grande manifestazione a Roma che unisce mondo del lavoro e della scuola che infiltrata da estremisti dei centri sociali e dai Black Block portarono ad un’intera giornata di violenti scontri con le forze dell’ordine con una centinaia di feriti.

Fridays for Future, per il problema climatico

Non si può parlare però di Fridays for future senza citare Greta Thunberg. Tutto è nato grazie alla sua protesta, quando era soltanto una 15enne sconosciuta di Stoccolma. Era il 2018 e da allora tanto è cambiato, nella sua vita e non solo. Il movimento globale di protesta pacifico fu sposato immediatamente dagli studenti italiani attraverso scioperi, cortei, presidi, lezioni e sit-in con la speranza di tenere alta l’attenzione sul tema, evitando che l’opinione pubblica venga distratta e la politica costretta a fare i conti con questa problematica. Un tema che non si addice alle facili promesse elettorali di governi europei conservatori, compreso l’Italia, che, sempre di più, tentano di rappresentare il problema climatico come una suggestione politica dei progressisti. Le proteste studentesche per il clima, non ancora sopite, si sono poi incrociate con quelle contro il precariato nel mondo dell’istruzione e la gestione della scuola durante la pandemia di COVID-19.

La protesta delle tende

Una mobilitazione che era iniziata a maggio 2023, quando Ilaria Lamera, studentessa bergamasca iscritta al Politecnico di Milano, per prima aveva piantato la sua tenda fuori dalla sede dell’ateneo per denunciare il caro affitti e i problemi per gli studenti a trovare alloggi a prezzi accettabili. La protesta pacifica si estendeva a Roma, Cagliari, Torino, Firenze, Pavia. Bologna con la richiesta al governo di un confronto con chi rappresenta le nuove generazioni, dal momento che il Next Generation EU dovrebbe migliorare proprio le loro condizioni.

Movimento Propal, contro la guerra

Iniziato nell’aprile 2024 e propagato in tutti gli Stati Uniti ,nella forma di accampamenti pro-Palestina, nei campus universitari. Il primo di questi accampamenti è nato su un prato nel cuore del campus della Columbia University di New York, un ateneo considerato punta di diamante del pensiero liberal american. Le richieste erano misure di pressione su Israele, fra cui l’interruzione di partnership con università o progetti di ricerca israeliani o il disinvestimento da aziende o fondi israeliani. Stesse richieste anche nei sit-in all’interno degli atenei italiani ma con partecipazione minore di quella dei Campus americani e, soprattutto, con una minore attenzione mediatica che faceva risaltare l’accusa di antisemitismo del movimento.

Come abbiamo visto le proteste studentesche in Italia hanno attraversato decenni, trasformandosi in base ai cambiamenti della società e del sistema politico. Dopo il cambiamento epocale del Sessantotto, gli studenti hanno continuato a essere protagonisti del dibattito pubblico ma mai incidendo nei cambiamenti sociali e culturali come i colleghi cresciuti nel boom economico.

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