Ustica, l’ultima verità: depistaggi, inchieste e la battaglia per la giustizia mai conclusa
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Ustica, l’ultima verità: depistaggi, inchieste e la battaglia per la giustizia mai conclusa

"Ustica. Ultimo volo" di Daniele Biacchessi ricostruisce la strage di Ustica del 1980, tra indagini, depistaggi e verità occultate. Analizza il contributo di **Andrea Purgatori** e il ruolo dell’Associazione delle vittime.

Ustica, l’ultima verità: depistaggi, inchieste e la battaglia per la giustizia mai conclusa
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15 Febbraio 2025 - 10.20


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di Antonio Salvati

Un giovane che oggi vorrebbe conoscere la triste vicenda della strage di Ustica – ossia del volo Itavia 870 Bologna-Palermo partito la sera 27 giugno 1980 e mai giunto a destinazione perché esploso in volo con a bordo 81 persone – avrebbe a disposizione un’ampia mole di materiale: dai tanti libri alle numerose perizie, testimonianze: Uno storico, invece, avrebbe il problema di distinguere quali siano i fatti oggettivamente dimostrabili dalle tante supposizioni variamente amplificate nel corso dei decenni successivi al disastro aereo. Le indagini e le perizie procedettero a rilento. Scende sulla vicenda un lungo silenzio fino al 1986 quando un appello al Presidente della Repubblica viene inviato da Francesco Bonifacio, Francesco Ferrarotti, Antonio Giolitti, Pietro Ingrao, Adriano Ossicini, Pietro Scoppola e Stefano Rodotà. Si chiede che «qualsiasi dubbio anche minimo, sull’eventualità di un’azione militare lesiva di vite umane e di interessi pubblici primari sia affrontato».

Nacque anche l’Associazione dei parenti delle vittime della strage di Ustica perché, ricorda Daria Bonfietti, cofondatrice dell’associazione, «appariva sempre più chiaro che coloro che lottavano contro la verità esistevano, erano esistiti fin dagli istanti successivi il disastro e operavano a vari livelli, nelle nostre istituzioni democratiche, per tenere lontana, consapevolmente la verità». Andrea Purgatori, prematuramente scomparso nel 2023, da subito si occupò della tragedia, soprattutto dalle pagine cartacee del Corriere della Sera. Al suo impegno è dedicato l’ultimo volume di Daniele Biacchessi, Ustica. Ultimo volo (Jaca Book 2025, 176 pp., € 19,00). Conoscendo Daniele, giornalista impegnato (come si sarebbe detto un tempo) e d’inchiesta assai apprezzato, mi sembrava ghiotta l’occasione di porgergli alcune domande.

Da dove parte il tuo lavoro d’inchiesta sulla strage di Ustica?

Nel 2002 avevo scritto con Fabrizio Colarieti Punto Condor. Ustica, il processo per la casa editrice bolognese Pendragon. Due anni prima, Nel 2000, cioè 25 anni fa, sempre con Colarieti, avevamo messo in rete il primo sito su Ustica stragi80.it. La nostra idea era quella di pubblicare tutto quello che sarebbe emerso dalle indagini, comprese le registrazioni audio dei colloqui tra piloti e i vari centri di controllo, le riprese video delle operazioni di salvataggio dei pezzi dell’aereo nei fondali del mar Tirreno, e le numerose telefonate tra operatori di Ciampino, Marsala, Licola e lo stato maggiore dell’Aeronautica e dell’ambasciata americana, successive alla strage. Il quadro che emergeva era già chiaro, ma il processo contro i generali finì in via definitiva con una assoluzione perché il fatto non sussiste. 25 anni dopo c’era bisogno di mettere in fila i fatti. Ed ecco che ho scritto ‘Ustica, ultimo volo ‘ per Jaca Book, collana Contastorie.

Una delle figure centrali del tuo libro è quella del giornalista Andrea Purgatori. Quale contributo ha dato per far emergere la verità su Ustica?

Ustica, ultimo volo rimette in fila i tasselli di una storia mai davvero finita, mai del tutto chiarita. Ustica, ultimo volo è un libro di memoria. Un lavoro che ricompone un puzzle disordinato composto da depistaggi, occultamenti di prove, strane morti di testimoni, verità storica e giustizia parziale. Quel filo della matassa che il compianto collega e amico Andrea Purgatori aveva intessuto fin da subito, nelle ore convulse successive alla scomparsa dai radar della Difesa e dell’Aeronautica del DC-9 dell’Itavia, nel suo primo articolo apparso sul Corriere il 28 giugno 1980. Andrea fu l’unico giornalista che non credette alla versione ufficiale e di comodo: il cedimento strutturale dell’aereo. Fu un suo amico militare ad avvertirlo già la sera del 27 giugno 1980: non un incidente, ma l’abbattimento di un aereo civile in uno scenario di guerra. La prima parte del mio lavoro è essenzialmente incentrata su ciò che Andrea scrisse sulla strage di Ustica e la verifica del suo lavoro rispetto a quello oggi in nostro possesso: documenti giudiziari, sentenze civili e penali, perizie, controdeduzioni, relazioni delle varie commissioni d’inchiesta, e molto altro ancora.  Possiamo dire che Andrea aveva assolutamente ragione. 

La sera del 27 giugno 1980, fino alla scomparsa intorno alle ore 21, il volo del DC-9 che tipo di problemi incontra?

L’altro punto centrale di questo libro è la ricostruzione meticolosa dell’ultimo volo del DC-9 IH870 da Bologna a Palermo, via Firenze, Grosseto, lago di Bolsena, Roma, Ponza, Ustica, fino al Punto Condor, il luogo aeronautico in cui l’aereo viene colpito da un missile.  Il 27 giugno 1980, un venerdì, sembrava destinato a passare come un giorno come altri. Non faceva caldo, ma un temporale estivo aveva comunque rinfrescato l’aria. Pioveva, solo una normale perturbazione di fine giugno, annunciavano i bollettini meteo. Il volo era partito da Bologna Guglielmo Marconi con 113 minuti di ritardo e il comandante Domenico Gatti, insieme a Enzo Fontana, primo ufficiale, si erano lamentati per il mancato funzionamento dei VOR di Firenze e Poggio Ballone. In quegli attimi, le parabole della Difesa aerea, con nome in codice Moro, seguivano ogni movimento del DC-9. Nella base di Marsala, un sottufficiale scrutava lo schermo, osservando le varie tracce che si muovevano sopra il mar Tirreno. Uno dei puntini era il volo Itavia IH870, identificato con il codice AJ421. Ma un altro puntino lo seguiva da vicino, un’ombra silenziosa che si muoveva con una velocità fuori dal comune. ‘Sta’ a vedere che quello dietro mette la freccia e sorpassa’, disse. Ma la sua attenzione era completamente rivolta a quelle tracce che continuavano a spostarsi sullo schermo, in attesa che qualcosa, forse, si rivelasse. Erano le 20:59:45, e nel cockpit del DC-9 IH870 una breve risata rimbombò tra i piloti, seguita da una battuta. ‘Allora siamo a discorsi da fare… l’autorità con la barba bianca anche lei… ma anche loro ci hanno abituato… mamma! Va bene i capelli sono bianchi… è logico… Eh, lunedì intendevamo trovarci ben poche volte se no… sporca eh! allora sentite questa…’. Domenico Gatti, comandante esperto, sorrise a mezza bocca, rilassato, mentre osservò gli strumenti. Ma fu solo un attimo. Una frazione di secondo dopo, l’atmosfera cambiò drasticamente. Gli occhi di Gatti si spalancarono, la risata si spense bruscamente, ingoiata da un silenzio improvviso. Forse Domenico ed Enzo videro qualcosa di inverosimile. Lo stupore paralizzò loro la lingua, incapaci di articolare una sola parola. Il cervello ordinò alle mani di agire, ma non ci fu risposta. La radio, quella che usavano da sempre con assoluta precisione, sembrò trasformarsi in un oggetto sconosciuto. Non riuscirono ad attivarla. Un vuoto assoluto, un attimo di paralisi totale. «Guarda cos’è…», riuscì a sussurrare Domenico, ma era troppo tardi. Il DC-9 scomparve per sempre. Il Punto Condor, appena a sud dell’area coperta dal radar di Ciampino, diventò un buco nero, un’assenza nel cielo, dove nulla sembrò più esistere’.

Il libro racconta anche la lunga inchiesta della magistratura…

Gli altri capitoli ripercorrono il lungo cammino dell’inchiesta di Rosario Priore, 5mila pagine oltre a migliaia di allegati: un corposo atto di accusa sulle cause dell’abbattimento del DC-9, sul ritrovamento del Mig libico sulla Sila, sulla gravità dei depistaggi, delle omissioni. Il libro ricostruisce il processo contro i vertici dell’Aeronautica, dei servizi, terminato con l’assoluzione perché “il fatto non sussiste”, ma analizza anche la sentenza dei giudici di Palermo che conferma ciò che già avevamo compreso: l’aereo venne abbattuto in uno scenario di guerra, non fu un incidente, neppure l’effetto di una esplosione a bordo. 

Infine c’è il racconto dell’Associazione parenti delle vittime della strage di Ustica presieduta da Daria Bonfietti. 

Si tratta di una lunga battaglia non ancora terminata di verità e giustizia, un percorso tortuoso ma straordinario che porta singoli cittadini a riunirsi in associazione, proprio come avvenuto per altre vicende come gli eccidi di piazza Fontana, Brescia, Questura di Milano, Italicus, stazione di Bologna. Un modello di impegno civile importante. 

C’è una verità sulla strage di Ustica?

In Italia la verità storica non sempre viene accompagnata da una verità giudiziaria, ma per la strage di Ustica non è vero che noi non sappiamo. Il libro dice che conosciamo la verità sulle cause dell’abbattimento (lo scrive il giudice Rosario Priore nella sua sentenza ordinanza), e la giustizia civile, pur in modo tardivo, ha condannato il ministero dei Trasporti e della Difesa a risarcire i parenti delle vittime perché non hanno visto, hanno depistato e hanno distrutto le prove.  Manca l’ultimo miglio diceva Andrea Purgatori in una puntata di Atlantide. 

Cosa manca ancora?

Alla politica è mancato il coraggio. Dopo le dichiarazioni di Giuliano Amato che parla di una responsabilità francese della strage non mi risultano nuove rogatorie presentate dal Governo di Giorgia Meloni rivolte al suo omologo Emmanuel Macron. Eppure, come scritto nel libro, sono numerosi gli indizi che portano ad ipotizzare una mano francese, oltre che americana: le testimonianze dell’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, dell’ex presidente della Consulta Giuliano Amato, dell’ex generale Nicolò Bozzo, già braccio destro di Carlo Alberto Dalla Chiesa, che la sera del 27 giugno 1980 si trovava in vacanza a Solenzara, in Corsica, e vide un traffico anomalo di aerei militari Mirage francesi, Phantom tedeschi e velivoli belgi, decollare in un orario compatibile con quello dell’abbattimento del DC-9 dell’Itavia.  La verità è che l’Italia, come si è visto in decine di casi, è un paese a sovranità limitata, o peggio ancora controllata. E la strada resta ancora in salita.

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