di Marcello Cecconi
Davide Petrella: quante volte, in queste sere, abbiamo sentito pronunciare questo nome sul palco di Sanremo da Carlo Conti e co-conduttori vari? Una presenza “invasiva” nelle serie infinite, complicate e qualche volta impronunciabili di cognomi e nomignoli di autori dei brani. Appellativi che sono come un rosario spaventoso per i conduttori alle prime armi che devono leggerli e che, invece, vorrebbero cavarsela in un nano secondo.
Se ci siamo sorpresi quest’anno evidentemente ci siamo scordati il passato, perché già nel Festival 2022 Petrella ha firmato ben 5 brani: per Emma Ogni volta è così; Elisa O forse sei tu; Achille Lauro Domenica e Giusy Ferreri Miele, oltre all’inedito di Cesare Cremonini La ragazza del futuro che l’artista bolognese, in veste di super ospite, ha presentato per la prima volta a Sanremo.
L’anno dopo, nel 2023, Petrella ha marcato il podio addirittura con la firma delle prime due in classifica: Due Vite di Mengoni e Cenere di Lazza. Quest’anno torna e diluisce la sua firma su quattro brani: Dimenticarsi alle 7 di Elodie; Chiamo io chiami tu” di Gaia; Cuoricini dei Coma_Cose; Tu con chi fai l’amore dei The Kolors. Insomma, ha messo la firma sui prossimi tormentoni che risuoneranno in radio per mesi.
Conosciuto nel mondo musicale anche come Tropico, Petrella è nato a Napoli nel 1985 e ha iniziato a scrivere canzoni quando ancora aveva i calzoni corti. La sua carriera è decollata con la band Le Strisce, che ha guadagnato popolarità su MySpace e con cui, nel 2008, ha pubblicato il primo Ep Fare il cantante. Nel 2010, la band ha tentato la carta Sanremo Giovani, ma non è stata selezionata per partecipare alla kermesse.
Nel 2017, Petrella ha raggiunto grande notorietà scrivendo il testo di singoli che hanno conquistato piattaforme e classifiche: Vorrei ma non posto di Fedez e J-Ax; Pamplona di Fabri Fibra feat Tommaso Paradiso; Fenomenale di Gianna Nannini e Ogni istante di Elisa. In quello stesso anno, 2018, ha provato l’avventura da solista con l’album di debutto Litigare ma, nonostante il suo apporto sempre più importante alla musica italiana, Petrella ha preferito il ruolo di eminenza grigia dietro le quinte.
E, se qualcuno si chiedesse il perché scrive per così tanti diversi generi musicali, questa è la risposta che ha dato già nel 2017: “Sono uno abbastanza anarchico. Siccome vengo da una band, Le Strisce, e dalle origini roots della musica (per dieci anni ho suonato nei garage) ho sempre avuto la tendenza a provare un po’ di tutto e muovermi in diversi modi, più che altro per una questione di sopravvivenza. Vengo tanto dal pop quanto dalla trap, dall’indie e dal cantautorato. Penso che queste influenze variegate si sentano nelle canzoni, dove comunque faccio le cose in maniera molto istintiva, molto libera, non mi piace ragionarci troppo sopra, mi piace mischiare le carte in modo naturale”.
Il racconto della carriera professionale di Petrella è rappresentativo del panorama musicale italiano e si collega a quanto é stato rilevante quando i giornalisti hanno beneficiato del preascolto dei brani di quest’anno: ben 19 canzoni sulle 30 accettate a Sanremo sono state firmate da un gruppo ristretto di 11 autori. Chi è dentro le cose dell’industria musicale non s’impressiona più di tanto e fa spallucce, ma la realtà è che intorno al Festival sembra esserci una “casta” che sembra monopolizzarlo.
La preoccupazione che emerge nitida è quella di un sistema Festival che si autoalimenti da questo incrocio artistico-commerciale e che conduca, conseguentemente, all’esclusione di molti altri talenti limitando varietà e qualità musicali.