Benevento, l'Arco di Traiano è "un libro di pietra"

E’ stato appena pubblicato un importante volume di Aglaia Mc Clintock , storica del dorso romano per la casa editrice Mauvais Livres. Le tavole del volume sono di Gaetano Cantone

Benevento, l'Arco di Traiano è "un libro di pietra"
In foto l'arco di Traiano
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1 Febbraio 2025 - 18.04 Culture


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di Marialaura Baldino

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Traiano non era un sovrano superbo, era soprattutto giusto: è questa la fama che ha lasciato presso i posteri, fino a Dante, che ne celebra appunto la giustizia e, quasi unico tra i pagani, lo pone in Paradiso. Queste virtù dell’imperatore sono celebrate in uno dei monumenti più belli che i Romani ci abbiano lasciato, l’Arco di Benevento, una costruzione maestosa che sorge sulla celebre Via Appia, la “regina delle vie”. A quest’arco ha dedicato uno studio appena pubblicato Aglaia McClintock, una storica del diritto romano che insegna all’Università del Sannio ed è membro del Centro AMA dell’Università di Siena. Una studiosa che con l’arco ha ormai una lunga consuetudine non solo scientifica, ma quasi personale.

Prof.ssa McClintock, una cosa che immediatamente colpisce, nella lettura del suo libro, è l’analisi della figura che orna la chiave di volta dell’Arco. Ce ne vuole parlare?

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La figura che orna la chiave di volta è Nemesi, la dea greca che in epoca imperiale rimandava immediatamente alla Giustizia dell’imperatore. Da Roma il culto di Nemesi si espanse nelle province di pari passo con il prevalere dell’autorità imperiale. Nel II secolo il suo culto era diffuso in Hispania, terra natale di Traiano, e in Dacia la provincia da lui conquistata. In particolare negli anfiteatri, era presente nel suo ruolo di punitrice e signora delle sorti a rappresentare il potere dell’imperatore.

Mentre nella Colonna Traiana, l’altro celebre monumento dedicato all’imperatore, sono rappresentate scene di guerra, con i Daci sconfitti dall’imperatore, nei pannelli dell’arco Traiano è raffigurato nell’atto di stringere un patto con un capo barbaro, sotto lo sguardo di Giove. Che significa questo cambiamento di prospettiva?

Rispetto alla Colonna l’Arco illustrava tutte le virtù necessarie al Buon Governo e alla Pace universale. Certo si trattava pur sempre di una pax Romana ottenuta con la guerra e la sottomissione dell’avversario. Lo evidenzia il lunghissimo trionfo con i popoli sottomessi che cinge tutto intorno l’ultimo piano prima dell’architrave. Ma il motivo dominante è la forza del diritto, del dialogo, della razionalità. Nella scena in cui Traiano stringe un patto con un capo straniero sotto il vigile occhio di Giove è espresso questo principio: il vero sovrano è colui che riconosce gli altri sovrani. La vittoria e la sopraffazione del nemico di per sé non assicurano la governabilità. È necessario che i popoli sottomessi a Roma mantengano le loro forme di governo, specialmente quando i Romani non sono in grado di imporre il loro diritto nell’immediato.

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Nelle scene raffigurate sull’Arco figurano anche alcuni personaggi simbolici, tratti dalla religione e dalla mitologia antiche. Per quale motivo ritiene che Traiano sia accompagnato qui da Ercole e Dioniso?

Queste due divinità compaiono in più pannelli. Ercole è il semidio che, impresa dopo impresa, ha costruito il proprio destino, ma è anche colui che si è spinto fino ai confini occidentali del mondo. Dioniso è il dio salvifico che per primo aveva raggiunto l’India tornando in Occidente su un carro d’oro trainato da tigri, e da tempo aveva ricevuto a Roma il ruolo di protettore politico, simboleggiando con i suoi viaggi verso l’Oriente la missione civilizzatrice e conquistatrice di Roma.

La sua indagine ha permesso di riconoscere per la prima volta, fra i personaggi che figurano nei pannelli, anche Alessandro Magno. In base a quali tratti lo ha identificato? E che significato ha la sua presenza accanto a Traiano?

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Il giovane di straordinaria bellezza indossa un’elaborata corona/copricapo e l’abito militare da parata. È un re condottiero. È di bassa statura. Più fonti rimarcano che Alessandro non era alto. Ma soprattutto possiede le due caratteristiche fisiognomiche che le fonti attribuiscono al re macedone: la testa inclinata e lo sguardo verso l’alto. Inoltre la capigliatura è lunga e ondulata con ciuffi visibili sino alle orecchie come nei ritratti idealizzati a noi giunti di Alessandro. A partire da Cesare e Pompeo, la “imitazione di Alessandro” costituì ispirazione costante nei comandanti romani.

Le sue pagine potrebbero essere definite “simpatetiche” nei confronti di questo imperatore. Per quale motivo lo sente così vicino?

Di Traiano si sa davvero pochissimo. I contemporanei che descrivono con dovizia di particolari gli altri imperatori sono reticenti. Poco si intuisce della sua personalità dalle laconiche risposte alle lettere di Plinio il Giovane. Eppure gli encomi non mancano. Personalmente in una società odierna dominata dal lusso e dalla sua ostentazione mi ha colpito che, con tutte le ricchezze ammassate, non avesse costruito una sua villa privata, mentre per quasi tutti gli imperatori abbiamo ampie testimonianze delle regge che abitavano. Un sovrano illuminato che si è speso per l’ideale di Roma e delle sue leggi. Certo è ideologia ma è difficile non caderci dentro.

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Uno dei pannelli più interessanti di questo monumento rappresenta una matrona romana inginocchiata di fronte all’imperatore. Osservandolo è impossibile non pensare al celebre aneddoto, ricordato anche da Dante nel Purgatorio, della richiesta di giustizia che una vedova rivolge a Traiano.

Nella nostra tradizione culturale la fama della giustizia di Traiano è legata a doppio filo a una vedova. La storia è semplice: una donna si rivolge all’imperatore, che ha speso gran parte della sua vita sul fronte, per sottoporgli il proprio caso. Traiano, quando riceve la preghiera, è ancora una volta in procinto di partire per una campagna militare alla testa dei suoi uomini e non avrebbe il tempo di ascoltarla. Le risponde che le renderà giustizia al suo rientro. Ma la vedova insiste. Come può aspettare un tempo tanto lungo? E poi Traiano tornerà dal fronte? Si ricorderà di lei? L’imperatore allora si ferma, e da magistrato celebra il processo. Giustizia è fatta. Non è azzardato affermare che al centro di snodi decisivi della storia del diritto vi sia sempre una vicenda tragica con protagonista una donna. Dopo tutto la tenuta del sistema giudiziario si misura proprio a partire dagli anelli più deboli della società, e dalla possibilità dalla persona più fragile di chiedere giustizia. Nel modo romano e, forse non solo, l’anello più debole era costituito dalle donne e dai bambini. La donna inginocchiata, al di là della sua ancora dubbia identificazione, inevitabilmente fa pensare alla leggenda medievale.

La copertina del libro edito da Mauvais livres
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