“Sono nata il ventuno a primavera ma non sapevo che nascere folle, aprire le zolle potesse scatenare tempesta. …”. Chiamarono follia il suo talento. Scambiarono in pazzia la sua straordinaria sensibilità che la portò a diventare e a essere anche oggi che non c’è più la voce più alta della poesia contemporanea italiana.
Alda Merini nasceva il 21 marzo- primo giorno di primavera e giornata mondiale della poesia (che fantastica coincidenza)- a Milano nel 1931.
Le venne diagnosticato a 16 anni un disturbo bipolare. Soffriva di un forte stato di euforia contrapposto a una improvvisa depressione, con una straordinaria autostima e una smania di grandiosità alimentata dalla fuga delle idee, dalla fluidità delle parole senza controllo e la spasmodica necessità di cercare l’amore senza freni e inibizioni. Trascorse così gran parte della sua esistenza in manicomio: “Nelle malattie mentali la parte primitiva del nostro essere, la parte strisciante, preistorica, viene a galla e così ci troviamo a essere rettili, mammiferi, pesci, ma non più esseri umani. Così la mia bellezza si era inghirlandata di follia, ed ora ero Ofelia, perennemente innamorata del vuoto e del silenzio, Ofelia bella che amava e rifiutava Amleto”.
Ci fu un periodo in cui preferì il manicomio alla società da cui si sentiva rifiutata e anche la famiglia da cui si sentiva rinnegata. “Il vero inferno è fuori, qui a contatto degli altri, che ti giudicano, ti criticano e non ti amano”; aspetterà ogni giorno il marito che non arrivava: “Ti aspetto e ogni giorno mi spengo poco per volta e ho dimenticato il tuo volto. Mi chiedono se la mia disperazione sia pari alla tua assenza no, è qualcosa di più: è un gesto di morte fissa che non ti so regalare”.
Divenne famosa, se così si può dire di una poetessa, alla morte del marito. Venne stampato “La Terra Santa”, una raccolta di poesie nelle quali Alda Merini racconta il dramma del manicomio: “Ho conosciuto Gerico, ho avuto anch’io la mia Palestina, le mura del manicomio”.
Alda Merini è morta il primo novembre del 2009 ed è tumulata al Cimitero Monumentale di Milano, nella Cripta del Famedio.
Scrisse in tarda età:”Ho la sensazione di durare troppo, di non riuscire a spegnermi: come tutti i vecchi le mie radici stentano a mollare la terra. Ma del resto dico spesso a tutti che quella croce senza giustizia che è stato il mio manicomio non ha fatto che rivelarmi la grande potenza della vita.” da La pazza della porta accanto.
Il suo più grande rammarico e anche il nostro, non aver vinto il Nobel.
La ricordiamo con i versi di Vecchioni della sua canzone per Alda Merini