Fine anno, ora di bilanci. Di questi tempi così incerti, se c’è un bilancio che appare chiaro e netto, è quello del cinema mondiale. Il cinema parla ormai con voce femminile, in Europa come in America, come in Asia. E’ fattuale, come direbbero quelli che parlano in modo insopportabile.
Il dato di quest’anno è assolutamente inconfutabile. Mentre la nostra Paola Cortellesi ha appena superato i 32 milioni di euro con il suo piccolo, straordinario film evento intitolato “C’è ancora domani” (e non è detto che non abbia un seguito all’estero, visto che è stato venduto in molti paesi), la francese Justine Triet ha vinto tutto quello che era umanamente possibile vincere (la Palma d’Oro a Cannes, svariati Oscar europei, gli EFA, a Berlino) con il suo film “Anatomia di una caduta” che racconta in perfetta ambiguità il dilemma omicidio/suicidio. Senza contare un’altra piccola esordiente di casa nostra, Lyda Patitucci, che ha appena vinto il Premio Petri con il suo sorprendente “Come pecore in mezzo ai lupi”, action movie dai risvolti psicologici profondi e inattesi.
E per parlare dell’America, non dimentichiamo che quest’anno “Barbie” di Greta Gerwig ha fatto sfracelli ai botteghini di tutto il mondo. Ma anche l’Asia sforna lo stesso verdetto. Il film si intitola “Past Lives” (“Vite passate”) ed è diretto dalla regista coreana debuttante Céline Song. Una storia d’amore intensa e sognante, nemica della banalità, ambientata tra New York e Seul, un vero e proprio dolce scontro fra due culture così distanti.
In questi ultimi anni, il mondo del cinema ha sbuffato non poco per l’arrivo di tutte queste donne regista. Sono state considerate, nella migliore delle ipotesi, delle “quote rosa”, quando non è stato insinuato che andassero a letto con i produttori. D’altra parte, il maschilismo è duro a morire, anche in ambienti solo teoricamente evoluti come il cinema. Basta guardare, del resto, la recente levata di scudi di tante personalità francesi di grande prestigio per difendere l’indifendibile, lercio, criminale sessuale Gérard Depardieu.
Le donne che si affermano quest’anno, dopo aver faticosamente conquistato lo scettro del set, stanno rivoluzionando anche il nostro modo di essere spettatori. Ci chiedono una maggiore sensibilità, ci esortano a non restare in superficie nelle storie che raccontano, ci dimostrano che la realtà non è mai cosi univoca come pretendiamo che sia. Il loro modo di vedere e descrivere le cose, il loro slancio, la loro sospirata libertà creativa, daranno al cinema, che sembrava moribondo, una nuova linfa capace di superare anche l’era glaciale delle piattaforme.