Quelle di Roberto Benigni sono delle epifanie per noi italiani, nel senso greco della parola, che vuol dire “rendersi manifesto”. Roberto non rende manifesto sé stesso, come fece il Gesù Bambino che si mostrò ai popoli, rappresentati dai Re Magi. Roberto rende manifesta la nostra cultura, la nostra storia e soprattutto la nostra italianità. Lo fece negli anni passat ial Festival di Sanremo, quando ruppe la banalità delle canzonette in gara, raccontandoci la canzone di Mameli e Novaro, quella che cantavano i ragazzi che combattevano per fare l’Italia e che diventò il nostro inno.
In questi anni di smarrimento e di smemorizzazione che stiamo vivendo Benigni ci ha “reso manifesto” il più grande tesoro che ci hanno lasciato i nostri Padri. Quel libro dei libri, quella legge che sta alla base di tutte le leggi, quel principio dei principi che uomini di tutti gli orientamenti politici, di diversi sentimenti politici, di diversa estrazione sociale, scrissero mettendo per un po’ da parte le divisioni e pensando soltanto alla ricostruzione dell’Italia, devastata moralmente e materialmente dalla guerra e dalla dittatura fascista. E’ questo il libro da cui ripartire, con il coraggio e la lucidità dei nostri Padri, da consegnare come eredità ai giovani.
Benigni più volte ha detto: “Fatela vostra questa eredità, perché soltanto così potrete essere padroni di una cosa che vi è stata lasciata in dono”. E potremmo aggiungere che la Costituzione è il nostro futuro, è la base sulla quale anche i nostri figli potranno progettare e costruire il loro futuro e quello dei loro figli.
Mentre un altro buffone sta trascinando una bella fetta d’Italia allo sfascio e alla sfiducia nella democrazia, il buffone Benigni, rimanendo al suo posto di buffone senza pretendere di scendere in politica, sta facendo una opera di ricostruzione partendo dalle basi che non possono non essere condivise.
Grande Roberto Benigni, come è grande la nostra Costituzione.