di Alessia de Antoniis
E stato presentato alla stampa “Emozioni dietro il palco. Gian Luca Giudici: lo spettacolo in una vita”, un documentario di Valerio Polverari prodotto da Unlimitedltd.
“Emozioni dietro il palco. Gian Luca Giudici: Lo spettacolo in una vita” è la storia di un mestiere, di una passione, di una professione, di un uomo: Gian Luca Giudici, che con coraggio, determinazione, talento e ambizione ha fatto della produzione musicale, teatrale, e non solo, una realtà di vita.
Un docufilm, diretto da Valerio Polverari, che ci conduce dietro le quinte, dietro il palcoscenico, svelando quel lavoro spesso poco conosciuto, o confuso, ma necessario, del produttore che costruisce silenziosamente, pezzo dopo pezzo, la grandezza degli show che vediamo.
Gian Luca Giudici, professionista del settore ha fatto emozionare, divertire, sognare per oltre trent’anni il pubblico italiano. Da Baglioni all’Olimpico di Roma con oltre ottantamila biglietti venduti a sera, a Venditti al Circo Massimo per la “Festa dello scudetto” con oltre un milione di presenze; da Proietti con “A me gli occhi 2000 all’Olimpico, a Julio Iglesias a piazza San Marco a Venezia; passando per Roger Waters, Massimo Ranieri, Mark Knopfler, gli Eagles, i Simply Red. C’era lui anche dietro al concerto che vide sullo stesso palco Lou Reed e Patty Smith.
Giudici, con il racconto dei suoi 30 anni di carriera, ci conduce in 30 anni di storia dello spettacolo dal vivo, in stadi, palazzetti, nel backstage di eventi esclusivi. Si mette a nudo raccontando storie, aneddoti, curiosità. Svela quelle particolari emozioni che si vivono dietro il palco. Fa parlare chi quel lavoro lo ha fatto, lo ha creato, lo ha visto crescere e trasformarsi.
Una vita tra musica, teatro, televisione, una professione che richiede tenacia, “fiuto”, lavoro di squadra, precisione e lucidità, senza mai dimenticare il cuore e le emozioni. Il produttore è un artista razionale.
“Sono il punto di contatto tra artisti e pubblico. Sono quello lucido in un mondo emotivo. Il mio lavoro è produrre emozioni”. Nelle sue parole è racchiuso un universo, un mestiere che, come racconta Aragozzini nel video, è profondamente cambiato.
Ci sono grandi eventi che entrano a far parte della storia di quelli di noi che hanno avuto la fortuna di vederli dal vivo, quei concerti dei quali dici con orgoglio: “Io c’ero!”. Ma tu non racconti le star…
Questo documentario racconta la vita delle persone che restano dietro al sipario e che aspettano gli applausi finali per poi concentrarsi subito su un’altra sfida; perché gli artisti passano, i produttori li accompagnano….
Lo sguardo dello spettatore è sul palco, sugli artisti che con il loro talento regalano emozioni. In pochi, anzi pochissimi, notano quelle persone che il più delle volte sono in piedi, in fondo alla sala, nell’ombra. Quelle sono le persone che danno all’artista la possibilità di esprimersi e al pubblico quella di vivere delle esperienze indimenticabili.
Perché questo progetto?
Abbiamo voluto mettere per la prima volta un riflettore su di loro, per raccontare una professione che è alimentata spesso dalla passione e quasi mai dalle possibilità di profitto, un mestiere che in pochi conoscono e che magari potrebbe essere una strada da percorrere per molti.
Il nostro focus però non è solo sulla professione ma sull’uomo, sull’aspetto emotivo e sul perché si decide di intraprendere una simile strada; su quanta forza ci vuole per mantenere la determinazione nonostante le avversità. In questa occasione l’obiettivo segue il percorso di un produttore che ha fatto dello spettacolo una ragione di vita.
Questo docufilm è un progetto pilota?
È la prima tappa di un percorso che intende mettere in luce l’umanità e l’importanza di tutte quelle professioni e di tutti quei professionisti che operano dietro le quinte.
La realizzazione di questo documentario segna l’inizio di un progetto molto importante che Unlimitedltd vuole portare avanti, ovvero un filone produttivo che possa trattare temi legati allo spettacolo, ma che spesso passano inosservati. La mission della produzione è quella di divulgare, attraverso il mondo dell’audiovisivo, una realtà che, per sua natura, è sempre stata la meno offerta al grande pubblico, essendo lo spettacolo accessibile ad un numero limitato di persone al contrario dei prodotti audiovisivi che potenzialmente possono raggiungere chiunque in una epoca che è sempre più digitale.
Come è cambiato il lavoro del produttore dagli inizi ad oggi.
Produrre uno spettacolo dal vivo ha dei parametri completamente diversi rispetto a un paio di decenni fa. Prima c’era una velocità diversa, tutto veniva fatto con molta più calma e attenzione. I biglietti erano di carta e meravigliosi…diventavano una reliquia.
Oggi è tutto più veloce, la biglietteria è elettronica, c’è internet. È totalmente cambiato il modo di comunicare.
Ricordo quando ti dovevi inventare l’impossibile per far sapere che c’era un evento: manifesti, locandine, volantini, spot radio, inserzioni sui quotidiani. Oggi basta una buona sponsorizzata sui social ed è fatta…lo sanno tutti! Clicchi sul link e prendi i biglietti. Finito.
Sicuramente più comodo, ma è anche molto meno romantico.
Anche il rapporto con il management o con gli artisti è cambiato. Ci si riuniva guardandoci negli occhi e si trovava un modo per valorizzare al massimo quello spettacolo, uscivano fuori idee, si prendevano appunti e vedevi lo spettacolo prendere forma davanti a cartoni di pizza e 12 caffè. Ci si emozionava solo a discutere ed immaginare in quale location andare. Adesso qualche email, un po’ di messaggi in chat, al massimo video call e la macchina parte e arriva. Senza accorgertene l’evento è organizzato, fatto e passato. Si fa tutto, lo si fa lo stesso, ma personalmente quella familiarità e quel calore io non l’ho più ritrovato.
E il pubblico? È cambiato o è rimasto uguale?
Il pubblico si è adattato, come ci siamo adattati noi. Vive tutto in un modo straveloce e forse un po’ superficiale. Mi accorgo, alla fine di ogni evento, che non si gusta come dovrebbe quello per il quale ha speso dei soldi. Brucia le emozioni in modo super veloce e, soprattutto, è troppo preso a inquadrare con lo smartphone i vari frammenti dello spettacolo, a caricarli su chat o social, scrivere commenti o rispondere ai messaggi. Ma nel frattempo lo spettacolo va avanti, arriva la fine e quasi non si è nemmeno accorto di quello che è successo, perché pure mentre esce dallo stadio o dal teatro è intento a scrivere e a rispondere. Boh… Non è una critica da anziano. Non è né giusto né sbagliato. È solo diverso, tutto qui.
Di una cosa sola sono veramente certo: che questo è un lavoro che durerà. Altri settori dello spettacolo hanno visto il sole tramontare: vedi la discografia, la carta stampata, gli studi di registrazione, il vinile, le musicassette. Non hanno quasi più motivo di esistere.
Ma lo spettacolo dal vivo no. La gente vuole vedere il suo mito con i suoi occhi, magari con il telefonino in mano, a riprendere tutto lo spettacolo, ma vuole essere lì. Vuole farsi immergere dal suo carisma, vivere il bello della diretta.
Su questo la tecnologia fa più fatica ad entrare, in fondo siamo essere umani. Il pubblico vuole vedere l’artista sudare, esprimersi, emozionarsi. Tutto questo non morirà mai. Un artista sul palco non può essere sostituito!