Rileggere la 'Colonna Infame' di Manzoni ai tempi del Coronavirus, per capire come funziona la paura
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Rileggere la 'Colonna Infame' di Manzoni ai tempi del Coronavirus, per capire come funziona la paura

La Colonna Infame è quella eretta sulle macerie della casa milanese di Gian Giacomo Mora, accusato insieme a Guglielmo Piazza nel 1630 di essere gli 'untori' della peste nera

Lapide della Colonna Infame
Lapide della Colonna Infame
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Giuseppe Cassarà Modifica articolo

22 Febbraio 2020 - 12.00


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Bisognerebbe, in queste ore drammatiche, prendere un bel respiro e tirare fuori dai cassetti, che siano fisici o della nostra sbiadita memoria adolescenziale, I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni, scorrerlo fino alla fine e leggere il saggio storico Storia della Colonna Infame, per stupirci di come questo paese non sia mai veramente cambiato e non abbia mai davvero imparato dai suoi errori. 
La Colonna Infame è quella eretta sulle macerie della casa milanese di Gian Giacomo Mora, accusato insieme a Guglielmo Piazza nel 1630 di essere gli ‘untori’ della peste nera che in quegli anni stava mietendo le sue vittime a Milano. Chi ricorda i Promessi Sposi sa che la peste è il drammatico sfondo delle vicende milanesi di Renzo e Lucia, ma nella Colonna Manzoni abbandona l’artificio letterario e riporta la triste cronaca di un processo ingiusto, di una caccia alle streghe messa in moto da tale Caterina Rosa, popolana che accusò Mora e Piazza di essere portatori della peste. 
Ecco, a quattro secoli di distanza, proprio nel Lombardo-Veneto in queste ore si consuma un’altra epidemia, molto meno grave della peste nera, che ha già però scatenato conseguenze simili. Se nei primi mesi di questo sventurato 2020 abbiamo visto un’impennata di idiozia che si traduceva in razzismo verso le persone cinesi, come se la malattia avesse delle preferenze razziali, adesso il rischio è che la psicosi si tramuti in una vera e propria ‘caccia all’untore’. Su twitter si dà già la ‘colpa’ dello scoppio del focolaio italiano al 38enne che, dopo essere andato a cena con un amico proveniente dalla Cina, non ha riconosciuto i sintomi del Coronavirus e ha diffuso il contagio. Un’imprudenza, ma non tale da giustificare l’ondata di odio che si è scatenata, ondata che può trasformarsi in violenza fisica come è accaduto in Ucraina, dove una folla inferocita ha cercato di impedire a un autobus di entrare in una zona di quarantena. 
Due frasi sono particolarmente significative: la prima, che esprime il vero senso del saggio, recita “il sospetto e l’esasperazione, quando non sian frenati dalla ragione e dalla carità, hanno la trista virtù di far prender per colpevoli degli sventurati, sui più vani indizi e sulle più avventate affermazioni”. 
E poi un’altra: “La falsa coscienza trova più facilmente pretesti per operare che formole per render conto di quello che ha fatto”. Ecco, Salvini in particolar modo questa frase dovrebbe tenerla particolarmente da conto. Perché la sua falsa coscienza, e quella di tutti coloro che gli vanno dietro, sta avendo il solo effetto di generare panico, come quella Caterina Rosa che alla fine provocò la morte di due innocenti.

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