Roger Waters e l’impegno umanitario: quando i fatti superano le parole

Grazie al suo intervento, dopo 5 anni iuna madre ha potuto riabbracciare i due figli di 7 e 11 anni, Ayyub e Mahmud, rapiti nel 2014 dal padre, Abebe Oboi Ferreira, combattente dell’Isis

Roger Waters
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Giuseppe Costigliola Modifica articolo

25 Gennaio 2019 - 15.33


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In molti di noi il nome di Roger Waters evoca indelebili immagini di musica di qualità, di testi intelligenti, di concerti memorabili del gruppo leggendario che fondò insieme all’indimenticato Syd Barret oltre mezzo secolo fa: i Pink Floyd. Ma come i suoi milioni di fan sanno bene, conclusa l’esperienza con la sua creatura l’eclettico artista di Great Bookham ha cominciato una brillante carriera solista approfondendo il suo peculiare approccio musicale, legato alla realizzazione di concept album, elemento già presente in diversi lavori della band che lo aveva visto protagonista.
Soprattutto, e in maniera crescente, Waters ha posto al centro dei suoi testi un impegno sociale e politico spiccatamente umanitario. Lungi dall’essere puro intrattenimento, per lui la musica (l’arte) è uno strumento di intervento sulla realtà, un modo efficace per smascherare le falsità che il potere, sotto qualunque forma, propina ai suoi sudditi, uno strumento da tutti comprensibile e quindi particolarmente adatto a mettere in discussione lo status quo.

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E questo grazie a dei testi intimamente sentiti, poeticamente validi come la musica che li accompagna, al suo ruolo di testimonial di lotte per la libertà, di ogni tipo.
Pacifista da sempre, dichiaratamente uomo di sinistra, già dagli anni Settanta Waters aveva cominciato a scrivere testi al vetriolo contro il sistema di vita capitalistico, le forze disumanizzanti della globalizzazione. Negli anni Ottanta aveva aspramente criticato la politica iperliberista e guerrafondaia di Margaret Thatcher, quella dei vari potenti della terra, da George Bush a Tony Blair fino ai tanti odierni fantocci di cui il Sistema di potere globale si serve per governare il mondo, Donald Trump in testa.

Così come non ha mai risparmiato i fondamentalismi politici e religiosi di qualunque segno, che dietro la maschera di idealità corrotte e pervertite difendono precisi interessi economici, o gli infidi fabbricanti di consenso che avvelenano la società. Nello scorso biennio Waters si è esibito con un tour mondiale dal dichiarato contenuto politico ed umanitario, ripescando due pezzi storici da lui scritti ai tempi della band, “Dogs” e “Pigs”, aspre metafore della società capitalistica, e imperniando il suo messaggio su due concetti cardine dell’umanesimo di ogni tempo: “Resist” e “Stay human”. Cioè a dire, siamo tutti coinvolti in questo sistema globale di sfruttamento selvaggio, al quale dobbiamo opporre una resistenza feroce; soprattutto, non dobbiamo perdere l’unica cosa che ci differenzia dalle bestie, l’umanità, cioè la solidarietà, la comprensione dell’altro, l’altruismo disinteressato.
Waters però non si limita a lanciare messaggi, per quanto importanti, e la notizia rimbalzata su alcuni giornali lo sta a testimoniare. Grazie al suo intervento, dopo 5 anni la signora Felicia Perkins-Ferreira ha potuto riabbracciare i due figli di 7 e 11 anni, Ayyub e Mahmud, rapiti nel 2014 dal padre, Abebe Oboi Ferreira, combattente dell’Isis, che li aveva portati con sé nello Stato Islamico per combattere la sua “guerra santa”. Un paio di anni fa questo Abebe è rimasto ucciso in una delle tante inutili battaglie che insanguinano il Medioriente, e i due bambini sono stati affidati alla nuova moglie che aveva sposato in Siria.

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La quale però un giorno li ha abbandonati sul ciglio di una strada.

I bambini sono stati trovati dalle milizie delle Syrian Democratic Forces e detenuti per mesi in un campo nel Nord della Siria. Waters è venuto a sapere del caso da Clive Stafford Smith, suo amico e direttore dell’organizzazione umanitaria Reprive, e ha deciso di passare ai fatti: ha messo a disposizione il suo jet privato, con cui ha portato la donna da Trinidad fino al confine iracheno con la Siria, dove lei ha incontrato un avvocato inglese per i diritti umani.

Da lì ha poi finanziato il volo della famiglia riunita per la Svizzera, e ha pubblicamente chiesto al governo di Trinidad di concedere i documenti alla madre e ai bambini, e di riaccoglierli, assicurando che sarà lui a pagare i costi di rientro. Una volta tanto, un dramma, uno degli infiniti che infangano la specie umana, a lieto fine.
Grazie, amato Roger, e stavolta non per la tua musica, ma per un’arte ben più alta: per averci dimostrato concretamente cosa significa rimanere umani.

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