"Gli Spaesati": il sisma raccontato in un libro da chi c’era e vuole restare
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"Gli Spaesati": il sisma raccontato in un libro da chi c’era e vuole restare

Fresco di stampa il libro firmato da Angelo Ferracuti e Giovanni Marrozzini per dare voce “ai cittadini di un’Italia interna e nascosta che nessuno vede e racconta”.

Foto Giovanni Marrozzini
Foto Giovanni Marrozzini
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3 Settembre 2018 - 09.22


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“Su questo terremoto si è scritto persino troppo, c’è stato un vero e proprio accanimento narrativo, uno shock mediatico, la ripetizione delle immagini, tutte uguali, dei filmati, ha avuto persino un effetto peggiorativo, ha cancellato invece che fatto vedere”. Si fa largo con l’energia della migliore narrazione e l’intensità di immagini potenti che cavalcano il bianco e nero, tra le innumerevoli pubblicazioni che raccontano il terremoto, “Gli Spaesati” il libro firmato dallo scrittore Angelo Ferracuti e dal fotografo Giovanni Marrozzini, con la prefazione di Franco Arminio, commissionato dal Sindacato pensionati della Cgil e dedicato ad Alessandro Leogrande. Edito da Ediesse- LiberEtà- Edizioni. In 178 pagine fresche di stampa, gli autori lasciano che a parlare del terremoto siano le parole, gli sguardi, le emozioni e i ricordi dei “cittadini di un’Italia interna e nascosta, che nessuno vede e racconta, lontana anni luce dai centri e dalle rotte economiche, dagli interessi politici e commerciali”. Il narratore non è mai in primo piano ma sullo sfondo di pagine che mettono a fuoco le persone, i paesaggi, le speranze, il dolore.

I capitoli sono raggruppati per regioni, le quattro regioni colpite dal sisma (Marche, Abruzzo, Lazio e Umbria) con un racconto che si snoda seguendo fedelmente il piano di faglia e le relative zone rosse dove tutto è iniziato e tutto è cambiato alle 3.36 del 24 agosto 2016 e alle 7.40 del 30 ottobre dello stesso anno.

“Gli spaesati è un libro bellissimo – esordisce Franco Arminio nella sua prefazione -. Lo scrittore e il fotografo fanno al meglio il loro mestiere. Non si servono dei luoghi per fare un capolavoro, piuttosto stanno a servizio dei luoghi che raccontano. Un’opera di esemplare onestà”. 
“All’inizio non sono mai andato nel Cratere, nelle zone rosse – racconta Angelo Ferracuti dopo aver sottolineato quanto il surplus di informazioni abbia ottenuto l’effetto opposto -. Poi quando dal Manifesto mi hanno chiesto un reportage, ho deciso di raggiungere i luoghi ai quali sono legato, dove andavo in vacanza con mia moglie, Montegallo, Arquata, Acquasanta Terme. E’ stata una esperienza forte, dolorosa. E quando più avanti lo Spi Cgil nazionale mi ha chiesto di scrivere questo libro, ho coinvolto anche Giovanni Marrozzini e abbiamo cominciato a partire, chiedendoci come si poteva raccontare un evento così tragico, in che modo. Da parte mia ho scritto per scelta un reportage classico sulla condizione umana colta in questo momento sospeso, di perdita, raccontando quello che ho visto, con una lingua francescana, abbassata ai minimi termini, minimale al massimo. Scansando tutto il resto, un lavoro che secondo me deve fare il cronista, legato di più ai fatti”. “La nostra, è stata innanzitutto una operazione estetica – prosegue lo scrittore -, cercare un modo, un linguaggio, un intreccio diversi da quelli usurati del racconto mainstream, con una calibratura di sguardo che vuole essere umana e non voyeuristica o spettacolare, che non cerca il sensazionale televisivo, ma è realisticamente cruda e oggettiva. Mentre Giovanni ha fatto degli eccezionali racconti fotografici molto diversi da quelli documentaristici, si è posto il problema di andare oltre l’apparenza, cercando momenti di forte esistenzialità, è riuscito a rimanere dentro la realtà esaltandone alcune evidenti manifestazioni parossistiche, di perdita anche di equilibrio nello spazio, di spaesamento.

Nella foto di copertina un fiore, le dita di un agricoltore che lo alzano al cielo e sullo sfondo la piana di Castelluccio. Un’immagine capolavoro scattata da Giovanni Marrozzini in un giorno importante: era la prima volta dei trattori sul Pian Grande per la semina del dopo terremoto, nell’altopiano famoso per la lenticchia e la fioritura che ogni anno richiama migliaia di turisti da tutto il centro Italia. Le strade ancora completamente dissestate, il borgo accartocciato su se stesso, da mesi nell’isolamento totale, quelle ore trascorse a dissodare la terra al confine tra Umbria e Marche avevano restituito speranze e coraggio. Nelle pieghe e nella forza di quelle dita, tutto il senso del racconto che si svilupperà nelle pagine successive. 
Il volume sarà presentato dagli autori a Fermo domani pomeriggio, dalle 18.30, alla libreria Ferlinghetti e al Festival della Letteratura di Mantova, il 7 settembre alle 10.30 (Tenda Sordello).

“Questo libro – spiega Franco Arminio nella prefazione – è un omaggio a chi resta, un invito ad andare nei luoghi del sisma non per fare i turisti delle rovine ma come esercizio di salute morale. La letteratura di Angelo Ferracuti è tutta un elogio del mondo esterno, il mondo degli umani che stanno al loro posto, che fanno il loro lavoro. Sono loro i veri governanti del mondo, le leggi della cura e dell’attenzione le fa chi fa il formaggio, chi insegna a leggere a un bambino”. (Teresa Valiani)

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