La biografia di Pierre Bergé, con i tanti titoli, i molti incarichi, le relazioni politiche di altissimo livello, sembra lasciare poco spazio ad altro, al suo aspetto privato, se non i pruriginosi ammiccamenti che accompagnavano le notizie che ne raccontavano il sodalizio commerciale con Yves Saint Laurent, cui era stato legato sentimentale per molti anni.
Un documentario – ma anche il film biografico del 2014, di Bertrand Bonello, con uno straordinario Gaspard Ulliel calatosi nella parte di Ysl al punto tale da sembrarne l’esatto doppio – sulla vita dello stilista hanno squarciato il velo di riservatezza di Bergè che per un lunghissimo tratto della vita in comune con Yves Sain Laurent, da socio e compagno a solo socio, non gli è stato accanto, ma un passo indietro. Per rispetto al genio di Saint Laurent, probabilmente, ed anche perchè era Ysl l’immagine pubblica della casa. Probabilmente però perché Bergé, uomo di enorme intelligenza, cultura e saggezza, sapeva che solo stando dietro alla sua musa, poteva controllarne le asprezze del carattere, le sfuriate epocali, gli scatti di nervosimo. Elementi che in Yves Saint Laurent erano amplificati dalla sua perenne ricerca della perfezione, perché con le sue creazioni non voleva fare solo moda, ma qualcosa di molto vicino all’arte.
Una unione perfetta perché se Saint Laurent era il purosange cui si dovevano lasciare le briglie libere senza usare il frustino, Bergé era un fantino senza peso, la cui presenza non si avvertiva e non si doveva avvertire se non al traguardo, se non al conseguimento della vittoria. Solo allora Bergé conquistava, per il tempo di un istante, legato alle incombenze del suo ruolo, un minimo di visibilità, per poi tornare nell’ombra, a proteggere il suo compagno, di vita e di avventura.
Con la morte di Bergé va via forse l’ultimo pezzo della moda per come veniva intesa qualche decennio fa, prima di essere ingoiata dal business, dai grandi gruppi in cui il profitto viene prima di tutto. La moda intesa quasi come una impresa artigianale è morta da tempo. Pierre Bergé ne è stato il custode, anche se pure lui qualche compromesso con il capitale lo ha fatto.
Quando nel 2008 Yves Sain Laurent è morto, ucciso da un tumore al cervello, all’età di 72 anni, Bergé gli era accanto. Ed è stato lui a volere che le ceneri dello stilista fossero custodite a Marrakesh, nella villa che era stata dall’artista artista francese Jacques Majorelle e che Bergé e Saint Laurent acquistarono, passandoci i ritagli liberi di una vita frenetica.
Bergé, una vita un passo indietro a Saint Laurent, socio, compagno, custode della sua memoria
Il mecenate è stato per lunghissimi anni il regista della crescita e della fama dello stilista, restando sempre nell'ombra.
Diego Minuti Modifica articolo
8 Settembre 2017 - 10.38
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