Pompei: così Hollywood ne ha sepolto la Storia

Ricostruzione accurata ma con dialoghi degni di riviste per adolescenti e scene più adatte a uno sparatutto. Perché spendere tanti soldi per un prodotto così scadente?

Pompei: così Hollywood ne ha sepolto la Storia
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19 Febbraio 2014 - 10.19


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di Ivo Mej

Pompei non è un film che lascia senza parole. La prima che viene in mente appena dopo 10 minuti è: “perché”? Perché spendere un centinaio di milioni di dollari per realizzare un prodotto che definire una fiction farebbe torto a tante belle serie?

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Va bene che il regista Paul W.S. Anderson non ha diretto ‘Quarto Potere’ ma ‘Mortal Combat’ e ‘Resident Evil’, però in questo caso deve avere pensato che anche Pompei doveva essere il nome di uno sparatutto.

L’accuratezza della ricostruzione catastrofica ha evidentemente assorbito la maggior parte del budget, se ben tre autori della sceneggiatura hanno partorito dialoghi degni di riviste alla Topgirl o di ‘Desperate Housewives’’ e se la ricostruzione del mondo romano ha minore verosimiglianza di una storia di Topolino.

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A cominciare dai rapporti tra uomini e donne, passando per quelli tra caste (rigidissime a Roma), tutto è storicamente sbagliato in questo polpettone ad uso esclusivo di brufolosi a stelle e strisce.
Tutti hanno denti perfetti (perfino i prigionieri in catene), le ragazze romane sono fighette taglia 38 con le labbra al silicone e gli occhi azzurri, gli schiavi sono tutti tartarugati sulla panza, l’aquila romana ricorda (neanche troppo pretestuosamente) quella nazista, come anche il modo di comportarsi di un fantomatico Senatore Corvo (sic! Povero Kiefer Sutherland…).

E i nomi delle donne? Fantasia scatenata: Cassia e Aurelia, saccheggiati evidentemente da Google Maps, stradario di Roma.

E Pompei, descritta come una specie di città autonoma da Roma? Al momento della sua distruzione (79 d.C.) Pompei era romana a tutti gli effetti da 160 anni. Come dire oggi che l’Italia non esiste, perché esiste solo da 150 anni.

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Ma la cosa sorprendente di Pompei, il film, è scoprire che tra le centinaia di persone ingaggiate in ogni ruolo, c’è un unico italiano, un tal Mauro Moretti che naturalmente si occupa, come altri centinaia di tecnici, di effetti speciali. A nessuno è venuto in mente – che so – ‘interpelliamo un consulente storico’ o ‘siamo sicuri che i Romani avrebbero davvero fatto questo’? Niente. Il nulla assoluto.

Ben 145 stuntmen rotolano e saltano e muoiono nelle maniere più atroci durante la storia, ma tutta la pregevole ricostruzione modellistica degli artisti digitali è asservita ad una storiella melensa e fastidiosa che fa giustamente esultare gli spettatori quando, dopo 98 minuti, i due insulsi protagonisti vengono, finalmente, inghiottiti dalla lava.

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