Non sparate agli aquiloni, storia di un bimbo in carcere
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Non sparate agli aquiloni, storia di un bimbo in carcere

Baris e Inci, 2 vite s’intrecciano nel romanzo di Feride Çiçekoglu, edito da Scritturapura. Storia di un bimbo e di una donna, storia di reclusione in un carcere turco. [vcv]<br><br><br>

Non sparate agli aquiloni, storia di un bimbo in carcere
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5 Marzo 2013 - 19.00


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Baris. Che in turco vuol dire pace. È anche il nome di un bambino che non ha nessuna colpa, Baris. Un essere umano di quattro anni che cresce in carcere soltanto perché la sua mamma è prigioniera e lui così piccolo e solo non ha altro posto dove stare.

In quel carcere era rinchiusa anche Inci. Prigioniera politica, dopo il colpo di stato del 1980 faceva la galera assieme a altre donne. Dopo il golpe in tante sono state portate in un luogo di reclusione e in molte senza sapere nemmeno perché si trovavano là, forse perché nelle loro case c’erano libri che al regime non sono piaciuti, forse perché esprimevano idee nemiche alla politica, almeno a quella che nel 1980 ha preso potere in Turchia.  Poi un giorno Inci è uscita; le porte della prigione si sono aperte, e il piccolo Baris è rimasto solo a fare i conti con la nostalgia per la sua amica perduta.

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Le storie di Inci e Baris tessono la splendida narrazione di Non sparate agli aquiloni . Il primo romanzo di Feride Çiçekoglu, edito da [url”Scritturapura”]http://www.scritturapura.it/[/url], una casa editrice che si diletta nella cura del dettaglio di chicche letterarie internazionali. Tipo questa. La traduzione in italiano di Semsa Gezgin è efficace, ha ritmo. Del resto lei è la stessa che traduce Orhan Pamuk.

Çiçekoglu per raccontare un frammento di storia, il fragore dei carri armati sulle strade, il colpo di stato e il carcere, le logiche crudeli della repressione politica, utilizza la penna di Inci e gli occhi di Baris. Il bambino racconta dolori, episodi sfumature che nella sua ingenuità non capisce fino in fondo, non sa spiegarsi il perché di molti eventi. Osserva da dietro le sbarre ogni piccolo particolare con la sua curiosità infantile, traendo insegnamenti. Li racconta attraverso la penna della sua amica Inci.

Da dietro le sbarre vede gli aquiloni nel cielo Baris. Insieme con tutte le altre donne li guardava rapito volare alto nel cielo. Ma le guardie hanno cercato di farle entrare dentro le celle. Loro hanno detto di no, è scoppiata la lite, è accorso il direttore che ha intimato ai secondini di trovare chi facesse volare l’aquilone per farlo smettere. Il vento cambiava come la direzione dell’aquilone libero nel cielo, impossibile trovare la mano allegra che faceva volare il filo verso l’alto, verso la poesia della vita.
Che allegria per Baris e per le donne, che rabbia per il direttore e per le guardie. Così quando hanno portato il tubo dell’acqua per cercare di bagnare e abbattere l’aquilone, il vento è cambiato ancora e le guardie si sono bagnate. Erano tutte zuppe e quando il direttore ha intimato di sparare e abbattere l’aquilone, i fucili si sono inceppati. Con tutta quell’acqua…

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L’aquilone è restato libero. Il direttore si è vendicato: ha allontanato le donne in altri carceri, più duri, più lontani.  

Nelle 60 pagine del libro una forte denuncia nei confronti della repressione politica e della condizione femminile, una condizione che l’autrice del romanzo conosce perfettamente dal momento che è stata prigioniera politica fino al 1984 e proprio da questa esperienza è nato Non sparate agli aquiloni

Da questo libro è stato tratto un film che ha vinto quattro Golden Orange di Istambul e il Prix du Public Recontres Internacionales de Cannes. Perché la storia di Baris e Inci deve essere conosciuta, deve aiutare a capire che ci sono paesi, città, nazioni che trattano le donne come se non avessero diritti civili e politici. Perché ci deve essere conoscenza e consapevolezza se si vuole una vita dove regni la pace. Baris.

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